Pubblicato il Luglio 18th, 2014 | Da admin
0Come Venezia rischiò di convertire Chekhov al Cattolicesimo
Anton Pavlovich Chekhov giunse per la prima volta in Italia all’età di trentun anni, nella primavera del 1891 arrivando a Venezia con un treno da Vienna. Come è noto molti scrittori e artisti russi hanno amato l’Italia ma non tutti sanno come Anton P. profondamente impressionato, tanto da voler arrivare cambiare religione! Se “il nemico del genere umano” nei tempi antichi tentava gli asceti nel deserto, nel secolo scorso decise di ricorrere a metodi “esteticamente più avanzati” per scuotere la fede di un russo d’eccezione. Riportiamo fedelmente le prove documentarie di quei tre giorni di “tentazione estetica” che avrebbero potuto cambiare il destino letterario russo e mondiale, permettendoci di ispirarci (liberamente e umilmente) al racconto di Ivan Karamazov “Il grande inquisitore” nei “Fratelli Karamazov” di Dostoevskij:
Il 5 Aprile 1891 Cekhov scrive al fratello:
“Ora sono a Venezia, dove sono giunto tre giorni fa da Vienna. Una cosa che posso dire: non ho visto nella mia vita una città più notevole di Venezia… tutto il giorno, dalla mattina alla sera, me ne sto sono in una gondola e navigo per le strade, o vago per la famosa Piazza San Marco. La piazza è liscia e pulita come parquet … E la sera! Dio mio, Signore! Di sera tanto tutto è insolito, si può morire. Te ne vai in gondola … il calore, il silenzio, le stelle … Cavalli a Venezia non ce ne sono, e perciò qui tutto è silenzio, come in campo. Attorno scorrono sull’acqua altre alla gondole … Ecco che ti corre accanto una gondola, tutta decorata di lanterne appese. All’interno un’orchestrina di contrabasso, violino, chitarra, mandolino e cornetto, due o tre signore, alcuni uomini – e tu ascolti il canto e la musica. Cantano arie d’opera. Che voci! Per l’uomo russo, povero e umiliato qui, nel mondo della bellezza, della ricchezza e della libertà non è difficile impazzire. Voglio rimanere qui per sempre, e quando ti trovi in chiesa e ascoltare l’organo, viene voglia di convertirsi al cattolicesimo. Magnifiche sono le tombe di Canova e Tiziano. I grandi artisti sono sepolti qui, come re, nelle chiese; qui non si disprezza l’arte, come da noi: le chiese offrono il loro rifugio alle statue e ai dipinti, anche se le figure sono nude”.
Il diavolo tenta Cekhov anche dal punto di vista dell’economia:
“In breve, è uno sciocco che non va a Venezia. La vita qui è a buon mercato. Vitto e alloggio in una settimana costano 18 franchi, vale a dire, sei rubli a persona, e al mese 25 rubli., un gondoliere prende 1 franco l’ora, vale a dire, 30 copechi. Nei musei, all’accademia e così via si entra gratuitamente. Dieci volte meno costoso della Crimea e la Crimea a confronto con Venezia – è come una seppia a paragone con una balena”.
Il diavolo continua a lottare con l’anima di Anton P. e avanza: il 6 Aprile Cekhov scrive ad un amico:
“Sono a Venezia. Chiudetemi in un manicomio. Gondole, piazza san Marco, l’acqua, le stelle, le donnine italiane, le serenate serali, i mandolini, il vino Falerno – in una parola, tutto è perduto! Non pensare male di me. L’ombra della bella Desdemona manda il suo sorriso al capitano di terra. Mi inchino a tutti voi. Antonio (in italiano). I gesuiti vi mandano un inchino”.
Ormai la fede dello scrittore sembra definitivamente scossa. Lo stesso giorno infatti scrive alla famiglia:
Amici miei di Tunguz, convertiamoci al cattolicesimo! Se voi sapeste come suonano gli organi nelle chiese, che sculture ci sono qui, che belle sono le donnine italiane, inginocchiate in preghiera!
Ma aggiunge alla fine della lettera, in un estremo slancio di pentimento:
Nonostante tutto siate in salute e non dimenticatevi di me, grande peccatore
Addio (in italiano)! Vostro A. Cekhov
Tutto sembra perduto. Cekhov ormai resterà a Venezia e si convertirà al Cattolicesimo. Ma il Dio ortodosso non dorme, ricorre alla sua influenza sulle forze della natura e il 7 Aprile Anton P. scrive di nuovo alla famiglia:
“La pioggia scroscia forte come nella città di Ivanov. Venezia bella (in italiano) ha cessato di essere bella. Una noia sorda emana dall’acqua, e si vuole fuggire rapidamente dove c’è il sole”.
Ironia a parte, tutti i russi, ortodossi e non, dovrebbero ringraziare il clima italiano di averli salvati dalla perdita di uno dei loro più grandi scrittori contemporanei.
Tutti gli italiani, cattolici e non, confrontando la descrizione checoviana di Venezia alla fotografia del suo volto attuale, dovrebbero stracciarsi le vesti, cospargersi il capo di cenere e pentirsi di non aver saputo preservare tale tempio di bellezza vivente.
Francesca Brienza
Искушение красоты: Чехов и Венеция
“Из всех мест, в каких я был доселе, самое светлое воспоминание оставила во мне Венеция … Италия, не говоря уж о природе её и тепле, единственная страна, где убеждаешься, что искусство, в самом деле, есть царь всего, а такое убеждение дает бодрость… Русскому человеку, бедному и приниженному, здесь в мире красоты, богатства и свободы не трудно сойти с ума. Хочется здесь навеки остаться, а когда стоишь в церкви и слушаешь орган, то хочется принять католичество(!)” Венеция для Чехова – это мир победившей культуры – это несомненно. Это все еще так?