Il 5 Aprile 1891 Cekhov scrive al fratello:
“Ora sono a Venezia, dove sono giunto tre giorni fa da Vienna. Una cosa che posso dire: non ho visto nella mia vita una città più notevole di
Il diavolo tenta Cekhov anche dal punto di vista dell’economia:
“In breve, è uno sciocco che non va a Venezia. La vita qui è a buon mercato. Vitto e alloggio in una settimana costano 18 franchi, vale a dire, sei rubli a persona, e al mese 25 rubli., un gondoliere prende 1 franco l’ora, vale a dire, 30 copechi. Nei musei, all’accademia e così via si entra gratuitamente. Dieci volte meno costoso della Crimea e la Crimea a confronto con Venezia – è come una seppia a paragone con una balena”.
“Sono a Venezia. Chiudetemi in un manicomio. Gondole, piazza san Marco, l’acqua, le stelle, le donnine italiane, le serenate serali, i mandolini, il vino Falerno – in una parola, tutto è perduto! Non pensare male di me. L’ombra della bella Desdemona manda il suo sorriso al capitano di terra. Mi inchino a tutti voi. Antonio (in italiano). I gesuiti vi mandano un inchino”.
Ormai la fede dello scrittore sembra definitivamente scossa. Lo stesso giorno infatti scrive alla famiglia:
Amici miei di Tunguz, convertiamoci al cattolicesimo! Se voi sapeste come suonano gli organi nelle chiese, che sculture ci sono qui, che belle sono le donnine italiane, inginocchiate in preghiera!
Ma aggiunge alla fine della lettera, in un estremo slancio di pentimento:
Nonostante tutto siate in salute e non dimenticatevi di me, grande peccatore
Addio (in italiano)! Vostro A. Cekhov
Tutto sembra perduto. Cekhov ormai resterà a Venezia e si convertirà al Cattolicesimo. Ma il Dio ortodosso non dorme, ricorre alla sua influenza sulle forze della natura e il 7 Aprile Anton P. scrive di nuovo alla famiglia:
“La pioggia scroscia forte come nella città di Ivanov. Venezia bella (in italiano) ha cessato di essere bella. Una noia sorda emana dall’acqua, e si vuole fuggire rapidamente dove c’è il sole”.
Ironia a parte, tutti i russi, ortodossi e non, dovrebbero ringraziare il clima italiano di averli salvati dalla perdita di uno dei loro più grandi scrittori contemporanei.
Tutti gli italiani, cattolici e non, confrontando la descrizione checoviana di Venezia alla fotografia del suo volto attuale, dovrebbero stracciarsi le vesti, cospargersi il capo di cenere e pentirsi di non aver saputo preservare tale tempio di bellezza vivente.
Francesca Brienza
Искушение красоты: Чехов и Венеция
“Из всех мест, в каких я был доселе, самое светлое воспоминание оставила во мне Венеция … Италия, не говоря уж о природе её и тепле, единственная страна, где убеждаешься, что искусство, в самом деле, есть царь всего, а такое убеждение дает бодрость… Русскому человеку, бедному и приниженному, здесь в мире красоты, богатства и свободы не трудно сойти с ума. Хочется здесь навеки остаться, а когда стоишь в церкви и слушаешь орган, то хочется принять католичество(!)” Венеция для Чехова – это мир победившей культуры – это несомненно. Это все еще так?