Pubblicato il Febbraio 12th, 2016 | Da admin
0IL TREND MACROECONOMICO NEGATIVO INCIDE PIU’ DELLE SANZIONI NEI RAPPORTI FRA ITALIA E RUSSIA
Milano – Anche la congiuntura economica negativa ha inciso sul calo delle relazioni commerciali fra Italia e Russia. Finora le assurde sanzioni che stanno dando un durissimo colpo alla già disastrata economia italiana, sono state l’unica prospettiva da cui si è voluta esaminare la riduzione degli investimenti delle nostre imprese nella patria di Tolstoj, senza invece considerare gli effetti di un trend macroeconomico che non tutti gli analisti hanno ancora approfondito. L’innovazione però può essere l’antidoto vincente per aiutare a superare questa fase di empasse.
Questi gli spunti più interessanti emersi nel corso del IV Seminario Italo-Russo tenutosi stamani nel capoluogo lombardo, organizzato dal Consolato Generale della Federazione Russa a Milano, Conoscere Eurasia, Roscongress e Forum Economico internazionale di San Pietroburgo in collaborazione con Intesa Sanpaolo, Banca Intesa Russia e Pavia e Ansaldo Studio legale e a cui hanno preso parte fra gli altri, il Console Generale della Federazione Russa a Milano Alexsander Nurizade, l’Ambasciatore Italiano a Mosca Cesare Maria Ragaglini, ed Antonio Fallico, Presidente di Banca Intesa Russia e Presidente dell’Associazione “Conoscere Eurasia”. I lavori del seminario si sono diramati in due fasi. La prima è stata dedicata alla cooperazione industriale, finanziaria e nel campo tecnico-scientifico, mentre nella seconda parte si è discusso del modo con cui un progetto di investimento viene realizzato.
L’ambasciatore italiano a Mosca, Cesare Maria Ragaglini, ha esordito ricordando “l’importanza della Russia quale partner strategico per le nostre imprese per il quale è giunto il momento di pensare ad effettuarvi investimenti diretti. Negli ultimi 25 anni – ha osservato – si sono succedute molte crisi economiche in Russia e negli ex paesi del blocco sovietico, ma sono state le imprese italiane a scegliere quest’area per cogliere nuove opportunità di business. In particolare, vanno fatte due cose, ovvero creare un clima politico favorevole unito ad un’attività capillare di informazione affinché gli imprenditori italiani possano scegliere al meglio. Come ambasciata, ci stiamo adoperando a far ciò. Da parte della Russia, c’è sempre stata una grandissima disponibilità nei confronti delle nostre aziende, cui è stato riconosciuto un elevato standard qualitativo. Il problema più grande però è dato dalla dimensione di queste imprese, di cui solo 7-8, massimo 10, superano il miliardo di fatturato. Potrebbe essere un elemento di garanzia l’aggregazione fra mondo imprenditoriale e finanziario, con la sinergia fra imprese e banche che possono diventare un partner formidabile anche nell’assistenza fiscale. Lancio un forte appello a chi vuole investire in Russia, avendo focalizzato la nostra attenzione in 10 aree dove attualmente esistono condizioni molto vantaggiose. Pur mantenendo intatte le peculiarità del Made in Italy che rappresentano un elemento distintivo che non può essere sottovalutato e svilito”. Altri settori toccati dall’intervento dell’Ambasciatore Ragaglini sono stati quello medicale che presenta enormi potenzialità inesplorate e quello turistico “in cui lo scorso anno per venire nel nostro paese, sono stati rilasciati 800.000 visti (è un terzo di tutti i visti rilasciati nel mondo), con un picco di 10.000 visti al giorno! Ciò va a conferma del fatto che abbiamo un patrimonio culturale e storico unico al mondo. I flussi provenienti da questo settore sono un aspetto da non sottovalutare nello sviluppo economico e nelle relazioni fra questi due paesi”.
Sulla necessità di proseguire nella continuità dei rapporti, attraverso lo strumento del partenariato strategico, si è incentrato invece l’intervento di Paola Brunetti, rappresentante del Ministero dello Sviluppo Economico. “Occorre valorizzare – ha rilevato – l’attività delle nostre imprese non solo nei territori di eccellenza, ma anche in aree magari non troppo pubblicizzate. Ciò che mi preme evidenziare è la necessità di una contemperanza fra le due economie, attraverso strumenti informativi e promozionali come la partecipazione alle grande imprese di settore con l’incontro con i buyer. Poi altrettanto importanti sono le missioni, con gli incontri settoriali. Non vogliamo la delocalizzazione, bensì l’internazionalizzazione attraverso un’attività di intercettamento di nuovi mercati. Cosa che risulta difficile per le piccole e medie imprese che indubbiamente hanno molte difficoltà ad entrare in mercati complessi. Per favorirne l’accesso – e parliamo di almeno 200.000 imprese che potenzialmente potrebbero sfruttare le grandi prospettive fornite loro dall’internazionalizzazione – stiamo cercando di sviluppare un approccio di sistema. Utilizzando dei gruppi di lavoro che mettano in contatto non solo gli agenti istituzionali, ma anche le business comunities dei due paesi”.
Il calo delle esportazioni italiane in Russia non ha però ragioni solo legate a fattori politici, ma è stato causato anche da effetti macroeconomici, basta pensare al calo del prezzo del petrolio che ha inciso in maniera più rilevante di quello che si pensi sul PIL russo (3% rispetto allo 0,5% ). Un elemento di novità che va ad aggiungersi alla questione delle sanzioni e che fornisce una prospettiva del tutto diversa, rispetto a quella che sinora è stata affrontata, a proposito delle relazioni economiche fra il nostro paese ed il gigante eurasiatico.
“Il drastico calo della quotazione del petrolio – ha confermato Antonio Fallico – sta incidendo in maniera rilevante sugli investimenti, ma la Russia sta reggendo assai bene il contraccolpo anche in considerazione della svalutazione del rublo. Calano drasticamente le esportazioni di prodotti storici del Made in Italy – ha proseguito il presidente di Conoscere Eurasia – ma in Russia si aprono nuovi scenari di business per le aziende italiane nei settori innovativi dell’industria, della ricerca tecnico-scientifica e dell’information and communications technology. Il clima di incertezza e di tensione che ancora influenza l’economia globale, il perdurare delle misure sanzionatorie, l’instabilità del prezzo del greggio e i provvedimenti di import substitution non frenano infatti la corsa della Russia verso l’innovazione. Una voce strategica, anche per il know how italiano, nel piano di ammodernamento di tutto il Paese che oggi vale il 7,2% del suo Pil, con l’obiettivo di arrivare al 25% entro il 2020”.
Secondo i dati elaborati dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo su base Istat, nei primi 10 mesi del 2015 l’interscambio italo-russo ha già perso 4,7 miliardi di euro (18,3 mld di euro, -20,4% rispetto allo stesso periodo del 2014). A pesare negativamente sul saldo parziale, sia la contrazione dell’import sceso a 12,4 mld di euro (-16,6%) ma soprattutto la caduta del 27,5% delle nostre esportazioni, ferme a 5,9 mld di euro. A trascinare al ribasso i principali comparti del Made in Italy in Russia. Tra questi il tessile passato da 1,7 a 1,2 mld di euro (-33%), l’agroalimentare a quota 306,8 mln di euro (-41,1%), quello dei macchinari meccanici (-20,3%) e dei mezzi di trasporto (-38,8%).
Per lo stesso Antonio Fallico: “Si tratta di numeri pesanti e che in tendenza porteranno il saldo del nostro export a chiudere il 2015 in flessione del 35% rispetto al picco di 10,8 mld di euro raggiunto nel 2013. In particolare, anche le imprese lombarde stanno pagando un prezzo molto alto, ma di fronte a questi dati preoccupanti si può e si deve reagire, anche affrontando dei problemi che la politica non riesce a risolvere. Tuttavia – ha proseguito il presidente di Banca Intesa Russia e di Conoscere Eurasia – in attesa di una distensione geopolitica ma anche economica, i margini per investire in Russia sono molto ampi e passano proprio dall’innovazione. Occorre agganciare la fase di progresso tecnologico, industriale e infrastrutturale che la Russia sta velocemente realizzando. Basti pensare che negli ultimi 10 anni sono sorti 120 parchi tecnologici e industriali in ben 43 regioni e altri 37 sono ai blocchi di partenza. In crescita anche gli investimenti pubblici nei settori ad alto tasso di innovazione, passati da 477 mld di rubli nel 2010 a 1,5 trilioni nel 2013. In questo scenario – ha concluso Fallico – si possono inserire le partnership con il know how delle imprese italiane e con le produzione di eccellenza. Serve un’innovazione anche nell’approccio imprenditoriale. La Russia ha bisogno non solo di Made in Italy ma di Made with Italy” e l’attività di “Conoscere Eurasia” continuerà ad essere quella di aiutare le imprese ad accedere a queste incredibili opportunità fornite dal mercato russo, mettendo in campo tutta la nostra esperienza”.
Francesco Montanino
(photo e consulenza: Evgeny Utkin)