Molise

Pubblicato il Luglio 7th, 2018 | Da Redazione Russia News

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Termoli e la poesia dei trabocchi

Termoli – Il trabocco è una palafitta posta a qualche metro dalla battigia e realizzata con legno strutturale per le attività dei pescatori. Descritti anche da D’annunzio nelle sue opere, attualmente molti di essi sono stati riconvertiti in ristoranti dall’aspetto molto cool. Sono ubicati sia nella parte finale della regione Abruzzo che nel Molise, regioni di pura transizione turistica, che invece hanno delle attrattive che non sono da meno ad altri più blasonati territori.

Parto in piena notte, per godermi i riflessi della luna che colpiscono sofficemente i muri di questi antichi caseggiati marittimi, che in questa calda notte raggiungono un romanticismo ed una espressività da farmi per un attimo vivere qualche ardente desiderio, dei più reconditi della mia stralunata anima.

Credevo che Termoli ne avesse una moltitudine, mentre scopro con un po’ di delusione che non ci sono molti manufatti di questo tipo. Uno di essi posto sottostante le sue poderose mura fortificate, mi colpisce per la sua orgogliosa solitudine e penso a quante volte il proprietario abbia lasciato il suo pontile per inoltrarsi verso l’ignoto. Storie di Verismo italiano in terra molisana.

Sospeso in questo limbo personale, perso tra fantasia e realtà, realizzo che questa cittadella fortificata abbia delle analogie con la bella Valletta. Come da copione inizio la mia passeggiata mattutina alle prime ore dell’alba per prendere confidenza con il luogo e per cercare, in piena solitudine, di entrare in empatia con il suo centro storico, particolarmente vissuto nonostante sia ancora presto.

I primi bar aprono i battenti e tanti stakanovisti del jogging, dopo una trafelata corsa si ristorano bevendo “cocktail” isotonici. Gli stranieri in visita sono tanti, alcuni di essi armati di potenti e tecnologiche macchine fotografiche, per immortalare questa specie di “Camelotmarittima.

Sono così tanti gli scorci interessanti che non smetto mai di scattare, andando ad occupare buona parte della memoria del mio pesante strumento, che dovrò di gioco forza scaricare in serata per incominciare la prima parte della mia scrematura. La Chiesa di Santa Maria della Purificazione, stratificata tra alti vecchi palazzi è finemente sabbiata ed è il pezzo forte della città insieme alla sua torre, che sembra fungere da suo guardiano.

Bottiglie di birra di differenti marche sono state gettate per terra, sintomo di allegri bagordi estivi di fine settimana, ma un netturbino, che vedo dovunque mi muova, lavora alacremente senza un attimo di sosta. Si chiama Tommaso e mi sottolinea che è un precario e che lavora anche la domenica per sostenersi. Lo vedo scaricare e caricare immondizia solertemente, ma con una dignità che in pochi ho visto durante la mia vita, gli stringo la mano augurandogli che possa divenire un lavoratore a tempo indeterminato, dato il suo impegno. Mi sorride teneramente e ringrazia sorridendomi e penso a quante famiglie dilaniate da questa dura crisi vivano di stenti in tutte le latitudini della penisola.

Cocco Bill” è il nome di un personaggio del celebre Jacovitti, nato a Termoli e reclamizzato dall’omonima gelateria. Le sue fantasiose strisce, sarebbero passate nelle pagine del dimenticatoio della mia frettolosa esistenza, se mio padre non mi avesse fatto conoscere i suoi bizzarri personaggi, figuriamoci le nuove leve intontite da ore di smartphone. Il proprietario, strenuo difensore delle sue radici, mi spiega di aver “battezzato” il suo locale in onore del “maestro”, come ama chiamarlo, perché si è reso conto che il suo concittadino è caduto nell’oblio dei nostri pensieri. Vorrebbe istituire un festival che oltre a reclamizzarlo, possa far lievitare il numero dei turisti.

Vado via mentre il primo traghetto parte alla volta delle Isole Tremiti e mi auguro, mentre imbocco la superstrada che lambisce la costa, che il titolare della gelateria una volta instituito questo festival, mi inviti per godermi nuovamente Termoli, magari in una calda notte estiva perso tra la poesia dei suoi trabocchi.

Marco Iaconetti



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