Pubblicato il Giugno 23rd, 2016 | Da admin
0Даниэле Чипри’ – сицилийский мастер итальянского кино.
Даниеле Чипри’ – сицилийский мастер итальянского кино, режиссер, который не боится говорить правду о его состоянии. Приверженец самых ярких имен кинематографа Италии таких как: Филлини, Скола, Моничелли, Пазолини, которые смогли воплотить на экране истории заставляющие нас сопережевать.
Именно этого сопережевания, по словам режиссера, не хватает кино Италии. Есть новые имена актеров,режиссеров, но все они из-за отсуствия качественных, в смысловом значении сценариев,не могут по-настоящему заставить зрителя оценить новое кино.
Свой путь режиссер начинал с короткометражных фильмов в дуэте с Франко Марэско. Вместе они покорили не одно сердце зрителя, снимая на первых порах скетчи для телевидении, а после и фильм. Вместе были раздавлены критикой и цензурой и запрещением к показу фильма снятого в 1998 “ Тото’, который жил дважды”. Их дороги разошлись, но сицилийский дух присутствует в новых работах режиссера Даниеле Чипри’.
Фильм “Это был сын”, снятый в 2012 году, который заслуженно принес режиссеру известность, получив премию UNICEF. На главную роль режиссер пригласил Тони Сервилло, который мастерски смог сыграть сицилийца будучи неаполитанцем.
Трагедия переходит в комедию плавно, не давая возможности увидеть зрителям этот обдуманный переход.
Самые яркие работы режиссер продолжил с известными зрителям мастерами итальянского кинематографа такие как: Маттео Гарроне, Марко Беллокьо, Марко Беллокьо, Ренато Де Мария, Мириям Риццо и многие другие.
Ирина Рюмшина-Кафиеро
INTERVISTA A DANIELE CIPRI’ – REGISTA SICILIANO DEL CINEMA ITALIANO
Il cinema italiano è un patrimonio artistico di un popolo che in passato ha dato grandi nomi dei attori e registi facendo innamorare appassionati in tutto il mondo e che oggi cerca un gran riscatto. Daniele Ciprì è un regista italiano, sceneggiatore e direttore della fotografia dall’aria romantica. Siciliano di nascita cerca in ogni suo film di non dimenticare le proprie origini. E’ come un omaggio alla terra che gli ha dato il gran talento. E’ nato il 17 agosto 1962 a Palermo, dove ha esordito nel mondo del cinema con i suoi primi film negli anni 80 come regista in coppia con Franco Maresco.
Mi racconta il momento in cui ha capito che il cinema era la sua vita?
- E’ capitato tutto per caso. Di mestiere facevo il fotografo ai matrimoni e ai funerali. Si, anche ai funerali, perché in Sicilia la gente per ricordare i momenti della propria vita voleva conservare i dettagli anche quando moriva o si sposava qualcuno. Ho imparato ad usare la macchina fotografica da mio padre che di mestiere le riparava. L’incontro con Franco Maresco ha cambiato la mia vita. Facevamo insieme per la RAI TV regionale siciliana documentari, ma parallelamente facevo il fotografo. Dopo tante peripezie la mia passione mi ha portato a fare piccoli cortometraggi e poi è arrivata la televisione con un programma Rai degli anni 90 che si chiamava Cinico TV all’interno di Blob di Enrico Ghezzi. Così ho iniziato con questo siparietto pubblicitario, con personaggi un pò strani, e poi sono arrivati i film. Lì ho capito che è la mia strada era il cinema.
Lei ha iniziato come regista?
- Io non nasco come regista ma come produttore e poi direttore della fotografia. In Italia ho lavorato con Franco Maresco quasi 25 anni, ho fatto molti film come “Lo zio di Brooklyn” e “Totò che visse due volte” “ Il Ritrono di Cagliostro”. Parallelamente mi chiamò la regista Roberta Torre come direttore della fotografia. Con lei ho fatto molti film: “Tano da Morire”, “Sud Side Stori”, “ Mare nero” e “Angela”. E poi sono arrivati altri film con altri colleghi come Matteo Garrone, Marco Bellocchio, Claudio Giovannese, Renato De Maria, Miriam Rizzo e tanti altri. Dopo la separazione artistica con Franco Maresco, ho cominciato ha provare a fare il regista da solo facendo due film : “E’ stato il figlio” e “La buca”. Cominciando questo percorso da solo, mi sono trasferito a Roma, senza abbandonare la mia Sicilia, raccontando la mia terra attraverso altri tipi di narrazione e realtà e con il linguaggio grottesco che amo. Mi sono ispirato a Chaplin, Buster Keaton e Stanlio & Olio. Parlavo di questi grandi attori con Ettore Scola a cui piaceva discutere del cinema grottesco. Mi piace naturalmente Fellini, Antonioni e Risi e non abbandonerò mai il cinema “bugiardo”, che ti dà la possibilità di raccontare attraverso le immagini il tuo stato d’animo.
Lei ha lavorato con i più grandi attori italiani. Per i suoi film come capisce che deve preferire un attore all’altro?
- Innanzitutto li stimo tutti. Prima di iniziare a girare un film vado di persona ad incontrarlo. Prendiamo un caffè, parliamo insieme, faccio delle domande, racconto la mia idea e osservo molto. Voglio capire di persona se è complice della mia idea. Posso anche sbagliare ma mi diverto facendo questo. Mi piace se un attore ha delle capacità di trasformazione, come le note della musica, cerco se ha dentro il grottesco e drammatico insieme. Ho lavorato con i più grandi attori del cinema italiano ai quali voglio esprimere la mia ammirazione e ringraziarli per loro complicità: Toni Servillo, Rocco Papaleo, Valeria Bruni Tedeschi, Sergio Castellitto.
Alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 2012 Lei ha ricevuto il premio L’UNICEF per il film “E’ stato il figlio”, con Toni Servillo, basato su una storia vera ambientata in Sicilia. Perché ha deciso di raccontare questa storia?
- Era un atto dovuto. Poiché ho letto il libro di Roberto Alajmo. Che raccontava un’anima siciliana, grottesca, un modo di esistere e convivere nella mia terra. Questo mio film è quasi come un addio alla Sicilia. Ero convinto di farlo raccontando la storia, rendendola universale e grottesca. Ho cercato di usare le chiavi sonore che non appartengono alla realtà.
Lei ha iniziato la sua carriera facendo dei cortometraggi. Pensa che questa tipologia di fare cinema ha qualche limite?
- L’unico limite del cortometraggio è la rete di distribuzione. Per fare un cortometraggio in Italia non è difficile. Maggiore difficoltà lo trovo quando cerchi la via d’uscita per far conoscere il tuo film al grande pubblico. In ogni caso sono fiducioso e spero che i grandi distributori italiani prenderanno in considerazione il “fratello minore” del grande cinema che è un cortometraggio.
Il cinema italiano può ancora emozionare come ai vecchi tempi?
- Il cinema italiano si trova in una fase di debolezza. Manca la sincerità nel raccontare una storia vera. Se Fellini raccontava Amarcord era perché la storia gli apparteneva. Oggi i registi citano i grandi di una volta ma senza avere la considerazione della loro esistenza. Manca l’emozione, un volo, un battito cardiaco che ti emoziona e ti fa piangere. Al cinema italiano manca una grande e vera storia.
L’Italia in passato ha avuto grandi registi. Chi sono oggi gli eredi di questa tradizione?
- Rispetto tutti registi italiani ma lo dico con grande rammarico che oggi nessuno ha la capacità e talento dei grandi del passato di raccontare una storia capace di emozionare il pubblico di oggi che è molto esigente. Possiamo non citare ma evocare. Cito Fellini, Monicelli, Scola, Rosi. Erano altri tempi. Il cinema assoluto non esiste. Ma quello di oggi se continua ad essere così non avrà la forza di essere come una volta il vero cinema italiano.
L’essere anche direttore della fotografia, Le consente di tenere meglio sotto una lente d’ingrandimento momenti importanti di un film?
- Si. In questo sono molto fortunato. Riesco vedere meglio i particolari,costruire meglio una scena rendendola credibile. E’ un lavoro molto scrupoloso ma è altrettanto creativo.
Lei riesce molto bene a mettere la sua impronta nelle storie che racconta coinvolgendo lo spettatore, raccontando la realtà italiana di oggi. Cosa Le piacerebbe raccontare nel suo prossimo film?
- Mi ricordo un regista italiano Tanio Boccia che rappresentava nei suoi film il mondo attraverso la semplicità. Nella semplicità nasceva un amore per il cinema, non c’era il fanatismo di sentirsi grande attraverso uno spettacolo. Ecco mi piacerebbe continuare ad essere così come lui e a raccontare un cinema artigianale e sincero.
Nei suoi film il dramma e la commedia si intrecciano. Qual’è il genere che si sente di rappresentare meglio?
- Per me è fondamentale quando il dramma e la commedia si intrecciano in una storia. Nel mio film “E’ stato il figlio” spero di essere riuscito a raccontare questa mia visione. Comico e drammatico sono due mondi paralleli ma uniti in una storia umana che ti emozione perché è vera.
Mi racconta un episodio della sua infanzia?
- Quando il mio papà mi porto a vedere il film “ Napoleon” in cinerama. Il primo impatto a soli 8 anni non lo dimenticherò mai. Mi raccontò che quei macchinari li riparava lui e con quelli si facevano i film. Probabilmente lì ho capito che in quel momento la mia vita era segnata.
Cosa vorrebbe dire ai lettori russi che vengono in Sicilia?
- La Sicilia è un posto incantevole con dei paesaggi spettacolari della natura. In Sicilia hai tutto: città d’arte, mare, montagna, una buona cucina,la vasta varietà dei dolci, il vino delle colline. Nei miei film c’è sempre un siciliano che non riesco ad abbandonare perché è la mimica della mia terra. Tutti noi del Sud abbiamo una forza scatenante. La Sicilia è nel mio cuore. Le città d’arte dal valore inestimabile come Palermo, Noto, Siracusa, Taormina, Agrigento hanno l’impatto di chi li visita sconvolgente del punto di vista emozionale. Il ricordo della mia terra nativa lo porto nel mio cuore e che mi aiuta tanto a fare dei film che diventino storie vere che emozionino.
Irina Rioumchina – Cafiero
(photo: Sara Casna )