MILANO – All’indomani del vertice farsa del G7, con tanto di ennesima umiliazione per la malandata e spernacchiata Italia di questi tempi, c’era molta attesa per l’annunciata visita del premier russo Vladimir Putin per la “Giornata
Fra ingenti misure di sicurezza ed un Media Centre appositamente allestito pieno di operatori dell’informazione provenienti da tutti i paesi del mondo, l’attesa per ciò che Putin avrebbe poi dichiarato, era davvero tanta.
In ritardo rispetto al protocollo ufficiale che aveva fissato per le 10.30 l’inizio del programma, con tanto di cerimonia dell’alzabandiera e discorsi ufficiali, le delegazioni arrivavano alla spicciolata. I primi ad arrivare erano il governatore della Regione Lombardia Roberto Maroni ed il Presidente del Consiglio Matteo Renzi che, davanti alle telecamere ed ai flash dei fotografi, non perdeva occasione per dare sfoggio del suo proverbiale esibizionismo.
Il presidente Vladimir Putin arrivava, scortato da 5 limousine e trenta auto della Polizia, alle 11.45. Un boato e tante acclamazioni al presidente ed al paese
Seguiva l’esecuzione degli inni nazionale italiano e russo ed era Putin a salire per primo sul palco: “I nostri paesi – esordiva – sono legati da oltre 500 anni, e noi siamo stati favorevoli sin dall’inizio, appoggiandone e sostenendone la candidatura, affinché l’Italia potesse organizzare l’Expo. Nel 2014 abbiamo avuto un ottimo raccolto di grano e questo non solo ci ha permesso di soddisfare il nostro fabbisogno nazionale, ma anche di incrementare le nostre esportazioni diventando uno dei principali produttori di cereali al mondo. Sono certo che i visitatori del padiglione russo apprezzeranno le nostre specialità culinarie, così come auguro che questa edizione dell’Expo abbia il successo meritato“.
Il premier russo dal canto suo ribadiva la sua volontà nel proseguire il processo di pace in Ucraina e rispondendo alle domande dei giornalisti a proposito delle sanzioni evidenziava come “tale soluzione renda impossibile il lavoro delle imprese italiane in Russia, dal momento che ciò porta
Renzi confermava come “gli accordi di Minsk 2, se opportunamente ed integralmente osservati, siano la stella polare cui far riferimento per chiudere la questione Ucraina. Ciò rafforzerebbe la cooperazione internazionale, perché si tratta di un modello già adottato con successo in altre situazioni come quella della Libia“. Insomma, l’incontro non ha detto niente di più di ciò che già in fondo si sapeva. Se non che le posizioni sull’Ucraina restano distanti e che Mosca non intende affatto mollare di un centimetro pur manifestando la propria disponibilità a proseguire i negoziati di pace con Kiev.
Francesco Montanino