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Ucraina e Russia: tensione per il Donbass

Il “conflitto congelato” tra Ucraina e Russia per il Donbass separatista che in sette anni ha provocato quasi 14mila vittime e un milione e mezzo di sfollati si sta surriscaldando. Con il presidente ucraino Volodimir Zelenskij che chiede alla Nato di accelerare l’adesione del suo Paese all’Alleanza Atlantica per inviare un “segnale reale” a Mosca e il portavoce del Cremlino che replica che così la “situazione può solo peggiorare”.

Le ostilità si sono intensificate nelle ultime settimane dopo che Mosca ha mobilitato mezzi e uomini a un centinaio di chilometri dal confine con l’Ucraina che a sua volta ha avviato esercitazioni e rafforzato i suoi contingenti lungo la linea di contatto a Sud-Est e la penisola di Crimea che ha aderito alla Russia con il referendum del 2014. La Russia sostiene che gli spiegamenti di forze non sono “una minaccia per nessun Paese al mondo”, ma gli scambi verbali infuocati con Kiev e le reciproche accuse di “provocazioni” sul terreno hanno di fatto messo fine all’ottavo cessate-il-fuoco in tre anni nel Donbass.

Dopo la morte di quattro soldati nella sola giornata del 26 marzo, pochi giorni fa Kiev ha dichiarato l’uccisione di altri quattro suoi militari a colpi d’arma da fuoco nelle ultime 48 ore nei combattimenti con i separatisti filorussi nelle due regioni autoproclamate indipendenti di Donetsk e Lugansk nell’Est Ucraina, portando così a 25 il numero dei soldati ucraini uccisi dall’inizio dell’anno contro i 50 nel 2020 e i 100 nel 2019. I separatisti, da parte loro, hanno denunciato il ferimento e l’uccisione di civili, tra cui un bambino di cinque anni, Vladislav Shikhov. “Una manipolazione grossolana, cinica, cattiva ed empia”, ribatte Kiev.

L’escalation coincide per il leader russo Vladimir Putin con il deteriorarsi delle sue relazioni con l’Occidente, a causa dell’avvelenamento e incarcerazione dell’oppositore Aleksej Navalnyj, e per l’ex attore comico eletto due anni fa presidente dell’Ucraina, Zelenskij con il crollo del suo tasso di gradimento che ha aperto il dibattito su elezioni anticipate. Per riconquistare legittimità e contrastare l’opposizione interna dei falchi nazionalisti, Zelenskij ha emanato una raffica di decreti.

Ha chiuso diversi media in lingua russa, imposto sanzioni contro l’oligarca Viktor Medvedchuk, “l’uomo di Putin a Kiev”, e lanciato la “Piattaforma della Crimea“. Mosse che hanno mobilitato il sostegno dell’Occidente portando alla prima telefonata con il neo-presidente statunitense Joe Biden. D’altro canto, Vladimir Putin ha tenuto un trilaterale con il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel: il Quartetto Normandia che ha negoziato i Protocolli di Minsk I e II finora inattuati, ma senza Zelenskij. “Nulla sull’Ucraina senza l’Ucraina“, ha protestato Kiev.

Ora Zelenskij punta all’adesione alla Nato. “Sarebbe l’unico vero segnale per la Russia”, ha detto ieri al segretario generale Jens Stoltenberg che però chiede “riforme”. Se ne discusse già nel 2008 a Bucarest, ma diverse capitali occidentali, tra cui Parigi e Berlino, si opposero. Otto anni dopo Mosca annesse la penisola di Crimea e separatisti filorussi nel Donbass, l’Est dell’Ucraina, ingaggiarono un conflitto con le forze di Kiev.

Con lo stallo dei negoziati di pace, le schermaglie al fronte fanno temere il peggio. Tanto che gli Usa hanno innalzato l’allerta a “possibile crisi imminente”, il livello massimo. Anche se gli analisti concordano che né Kiev né Mosca hanno interesse a scatenare una guerra: l’Ucraina perché potrebbe dare alla Federazione un pretesto per intervenire nella regione separatista e la Russia perché l’opinione pubblica è stanca dell’avventurismo in politica estera. Il timore però, sostiene Maksim Samorukov del Carnegie Moscow Center, è che basti un passo falso per trascinare i due Paesi in un confronto militare.

RED

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