Paolo Di Mizio: “Russia e Cina, insieme, sono un boccone molto più grande di quanto America ed Europa possano masticare” - Russia News / Новости России

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Pubblicato il Aprile 30th, 2025 | Da Redazione Russia News

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Paolo Di Mizio: “Russia e Cina, insieme, sono un boccone molto più grande di quanto America ed Europa possano masticare”

In un momento storico caratterizzato da profonde trasformazioni geopolitiche, economiche e sociali, vogliamo provare ad analizzare le dinamiche che stanno cambiando il nostro mondo e i principali attori del momento.

Di sicuro la Russia di Vladimir Putin sta influenzando il nuovo assetto internazionale, unitamente al ruolo delle altre grandi potenze come Stati Uniti, Cina e Israele, con molteplici sfide e opportunità che si presentano all’Europa con un sempre crescente peso dell’area eurasiatica.

Anche la situazione politica in Italia risente sempre più della mancanza di un progetto economico e strategico autonomo, facendoci restare tra una Unione Europea sempre più debole e l’influenza sempre crescente dell’America di Donald Trump e della Cina di Xi Jinping.

Per fare una analisi su queste tematatiche, abbiamo posto alcune domande a Paolo Di Mizio, giornalista, scrittore, volto televisivo per 20 anni del TG5 di Mediaset, attualmente editorialista del quotidiano “La Notizia”, diretto da Gaetano Pedullà .   Per il TG5 in precedenza era stato inviato speciale di cronaca e di esteri, realizzando i primissimi collegamenti in diretta dell’appena nato TG, e come inviato speciale, ha intervistato personaggi come Margaret Thatcher, Bill Clinton, Muhammar Gheddafi, Benjamin Netanyahu Yasser Arafat.  Come scrittore vanta un lungo elenco di libri pubblicati, tra cui “La Terra degli Ulivi –  Testi in poesia e prosa per la Palestina.

Qui di seguito l’intervista che ci ha rilasciato:

  • Come valuta l’attuale ruolo della Russia di Putin nel contesto geopolitico globale e se e come, pensa  abbia influenzato l’equilibrio di potere tra le grandi potenze?

È indubbio che la Russia, dopo la profonda crisi economica e sociale degli anni ’90 seguita al disfacimento dell’URSS, e dopo la faticosa risalita dall’avvento di Putin in poi, sia tornata a occupare il suo posto di Super Potenza planetaria. Il risultato va al di là delle aspettative di Putin, e questo “effetto ingrandimento” paradossalmente è stato provocato dalla guerra per procura che gli Stati Uniti hanno indotto in Ucraina. Nella prospettiva americana il conflitto ucraino doveva decretare la “sconfitta strategica” della Russia. Pochi giorni dopo l’invasione russa del 24 febbraio 2024, in diverse ambasciate americane in Europa si organizzarono dei brindisi: “La Russia è in trappola”, era in sostanza il ‘sentiment’ generale. Si ragionava sul suo dissanguamento e definitivo impoverimento, che avrebbero portato – nel wishful thinking occidentale – a un futuro spezzettamento della Federazione russa in tanti piccoli stati deboli, che l’America avrebbe facilmente sottomesso o meglio fagocitato con la prospettiva di grandi guadagni e una vita “all’occidentale”, come è stato per i Paesi baltici e gli altri ex del Patto di Varsavia, arricchiti dall’Ue e cooptati dalla Nato. Ma la realtà è andata in senso contrario. L’America e la Nato stanno incassando una “sconfitta strategica” senza precedenti. E perfino l’economia russa, pur tra molte difficoltà, è lungi dal crollo preventivato con le sanzioni, e anzi conosce tassi di crescita mai visti prima. Il PIL russo del 2023 è stato intorno a +3,6%, nel 2024 è stato al +4,2% e nel primo trimestre di quest’anno è stimato al +5,2%. Una crescita da tigri asiatiche, altro che tracollo e default. Anche il rublo, che aveva molto ceduto, è risalito del 38% negli ultimi mesi.

  • Come si inseriscono gli Stati Uniti in questo nuovo scenario internazionale? Qual è la posizione della Cina e come sta evolvendo il suo ruolo nel contesto globale? Che ruolo gioca Israele in questa complessa dinamica geopolitica?

Nella geopolitica recente degli Stati Uniti bisogna distinguere un “prima” e un “dopo”. Il “prima” è la continuità strategica delle presidenze Clinton, W. Bush, Obama e Biden. Era un’America che non nascondeva la sua essenza imperiale e voleva consolidare il suo ruolo di potenza unica in un mondo appunto unipolare. Il “dopo” è rappresentato dalla presidenza Trump 2, la cui visione strategica non è ancora molto chiara, ma sicuramente diversa. Prende atto che il mondo unipolare insieme al globalismo degli ultimi tre decenni sta tramontando. Naturalmente gli Usa perseguono ancora una politica egemonica, ma i parametri della questione sono cambiati. Si ha l’impressione che, preso atto della crescita russa in termini di potenza e di prestigio, la strategia americana sia quella di separare Mosca da Pechino, essendo la Cina il “vero” nemico. Il motivo non è difficile da capire: Russia e Cina, insieme, sono un boccone troppo grande, molto più grande di quanto America ed Europa possano masticare. Il negoziato stesso sulla pace in Ucraina sembra mirare a una trattativa dell’America con la Russia sui nuovi assetti mondiali, una nuova Jalta per intenderci. Ma dubito fortemente che il piano americano possa andare in porto. Qualche settimana fa Dimitrii Suslov, un consigliere di Putin che partecipa ai negoziati sull’Ucraina, diceva: “Trump vuole minare la più forte istituzione anti-egemonica, cioè i Brics. Questo va contro gli interessi russi. Non permetteremo che i nostri rapporti con Cina, Iran e Corea del Nord vengano danneggiati. Non daremo via le relazioni che ci hanno assicurato la sopravvivenza negli ultimi tre anni. In nome di cosa? Trump non sarà lì per sempre”. Penso che il futuro sia tutto racchiuso in quelle frasi e sulle eventuali conseguenze di tale posizione.

  • E Israele?

Israele ha un rapporto complesso sia con la Russia che con l’America. È noto l’ottimo rapporto tra Putin e Netanyahu, o anche l’ex primo ministro Bennett. Ciò consentì alla Russia di costituire indisturbata delle basi militari in Siria, in cambio gli israeliani ebbero il permesso di continuare a colpire dal cielo le forze governative di Assad senza che i russi reagissero. Inoltre Israele non ha applicato le sanzioni antirusse e non ha partecipato significativamente al riarmo dell’Ucraina. Dopo la rivolta di Gaza del 7 ottobre 2023 il rapporto Russia-Israele si è incrinato, ma non è chiaro in quale misura. Mosca si è schierata col popolo palestinese e questo ha prodotto un raffreddamento delle relazioni con Israele, ma a mio parere non a una rottura definitiva del corridoio sotterraneo. Quanto agli Stati Uniti, come dice una vecchia citazione, “L’America governa il mondo, Israele governa l’America”. La finanza sionista e i suoi mezzi d’informazione sono decisivi nella conquista della Casa Bianca da parte di questo o quel candidato. Ciò detto, ho l’impressione che durante la recente visita di Netanyahu in UsaTrump abbia molto ridimensionato gli entusiasmi israeliani. Il presidente, prima, aveva detto: “L’America si occuperà di Gaza. Ne faremo un resort sul Mediterraneo, dopo aver sgomberato (ossia deportato) i palestinesi”. Ma dopo la visita del primo ministro israeliano a Washington, Trump ha cessato di parlare di deportazione dei palestinesi e ha detto “Non lascerò che Netanyahu mi spinga a fare guerra all’Iran”. Un secchio d’acqua gelata sulla testa di Israele. Nel frattempo l’America ha intrapreso una trattativa con l’Iran sul nucleare. Può ancora succedere di tutto, ma c’è aria nuova. Vedremo.

  • Qual è l’attuale stato dell’economia dei paesi BRICS e quale peso hanno nel sistema economico mondiale? In che modo i BRICS stanno cercando di rafforzare la loro influenza economica e politica? Quali sfide e opportunità si presentano per questi paesi nel prossimo futuro?

Che i Paesi BRICS stiano conquistando un peso economico vieppiù maggiore nell’economia mondiale, è evidente. Meno limpida è l’omogeneità politica dei Paesi BRICS. Russia, Cina e Sudafrica possono dirsi compatti nella mira strategica di creare un mondo multipolare, sottraendolo all’unilateralismo dell’America e dell’ ”Occidente globale, come lo chiama Putin. Ma altri Paesi BRICS, per esempio India e Brasile, occupano posizioni molto più sfumate. Nel caso dell’India, come anche dell’Arabia Saudita, si può ben parlare di “ambiguità strategica”, tesa a sfruttare la situazione a destra e a manca. Si attende un evento, una svolta, che determini o il compattamento dei BRICS su posizioni anti-unilateralismo o, al contrario, uno sgretolamento politico, se non anche economico, del gruppo. Potrebbe essere decisiva la guerra dei dazi in atto tra Usa e Cina. Trump ha già preso alcune legnate sui denti dalla Cina e sembra posizionato a cambiare il suo atteggiamento bellicoso ammorbidendo le imposizioni tariffarie almeno ai paesi occidentali, per evitare che scivolino verso un fiancheggiamento de facto della Cina. Ipotesi improbabile, quest’ultima, ma il persistere dell’ostilità trumpiana potrebbe renderla realistica.

  • Come valuta il ruolo attuale dell’Unione Europea nel contesto internazionale? Quali sono le sfide principali per l’UE nel mantenere la sua coesione e influenza? Che ruolo può giocare l’area eurasiatica nel nuovo assetto geopolitico?

Fino a poco tempo fa ci si lamentava che parlare di Unione Europea significasse parlare del nulla, politicamente. Adesso il nulla si è vestito di una postura bellicista che ci fa rimpiangere la precedente assenza di politica estera. Il fatto è che l’intera Europa, inclusi il Regno Unito, la Norvegia, la Svizzera e altri paesi non-UE, è compatta su una visione “americano-democratica, ossia la visione ideologica dei dem, impersonata dagli Obama e dai Biden. Quindi, sostegno all’Ucraina per dissanguare la Russia, opposizione dura e pura a Mosca, ecc. Questo ora provoca scintille con l’America di Trump, che è repubblicana, quasi isolazionista e molto disinteressata all’Europa. Anzi, talvolta fortemente ostile all’Europa. Nella famosa chat riservata ma entrata in possesso della testata Politico, JD Vance dice “Mi secca dover salvare un’altra volta l’Europa”, e il ministro della Difesa replica: “La penso come te. Odio gli scrocconi europei”. Frasi che la dicono più lunga di un libro di geopolitica. Detto questo, constato come la leadership russa continui ad avere una chiarezza di idee che manca totalmente all’Europa. Qualche settimana fa Dimitrii Medvedev, amico, sodale e alleato di Putin, ci derideva scrivendo: “L’Europa credeva di essere un continente e invece ha scoperto che è solo uno sperduto promontorio occidentale dell’Eurasia”. Il concetto di Eurasia in Europa non esiste: non esiste nella cultura condivisa dei nostri popoli. L’Europa, sposando inflessibilmente e scioccamente la causa ucraina, ha indotto la Russia a diventare Eurasia. La Russia voleva essere Europa, ma è stata respinta. Peggio per l’Europa. Ne pagherà le conseguenze storiche.

  • Come interpreta il fenomeno dell’allontanamento dal voto in Italia? Quali sono le cause principali di questa tendenza e quali conseguenze può avere sulla stabilità politica del paese? Come può l’Italia ritrovare un rapporto più diretto con i cittadini e la partecipazione democratica?

L’astensionismo in Italia – lo abbiamo visto con le recenti elezioni – ha raggiunto livelli che da oltre vent’anni sono consueti negli Stati Uniti. Ma non è – o non direttamente – solo la “solita” influenza americana sulla nostra vita. La matrice dell’assenteismo è autoctona. Il fatto è che, dalle fine delle ideologie, coincisa con la fine dell’Unione Sovietica, è in atto un fenomeno di progressivo peggioramento del rapporto tra elettori ed eletti. Il Rapporto CENSIS 2024 fotografa molto bene la situazione. Vi leggiamo che gli italiani “non si riconoscono più nelle grandi matrici valoriali del passato, poiché il 70,8% esprime oggi un più o meno viscerale antioccidentalismo ed è pronto a imputare le colpe dei mali del mondo ai Paesi dell’Occidente… più precisamente, il 66,3% attribuisce all’Occidente ‒ Usa in testa ‒ la responsabilità delle guerre in corso in Ucraina e in Medio Oriente… e il 51,1% è persuaso che l’Occidente sia destinato a soccombere economicamente e politicamente dinanzi all’ascesa di Paesi come la Cina e l’India. Ogni universalismo – ritenuto figlio illegittimo dell’etnocentrismo occidentale – è diventato sospetto, e adesso i movimenti del rimprovero non rimangono confinati entro elitarie conventicole di intellettuali: in molte case italiane sventola il vessillo dell’antioccidentalismo”. Concetti dirompenti, rivoluzionari, di cui ovviamente i giornali mainstream non pubblicano nemmeno una riga. E leggiamo ancora: “C’è una crescente sfiducia nei sistemi democratici, dal momento che l’84,4% degli italiani è convinto che ormai i politici pensino solo a sé stessi e il 68,5% ritiene che le democrazie liberali occidentali non funzionino più”. Ecco spiegato l’assenteismo. Ricordo che il Rapporto Censis non è un sondaggio usa-e-getta realizzato in 48 ore per il consumo dei giornali, ma è la più importante indagine demoscopica italiana.

  • Qual è lo stato attuale della libertà di stampa nel mondo e in Italia? In che modo la comunicazione può influenzare le dinamiche politiche e sociali? Quali sono le principali minacce alla libertà di stampa e come si possono contrastare?

A parte le leggi varate dal governo Meloni, che tendono a restringere gli spazi di libertà della stampa, direi che i più pericolosi nemici del giornalismo sono i giornalisti e i loro editori. La quasi totalità della carta stampata e dell’informazione televisiva fa parte di un “cartellocriminoso che, per similitudine ai cartelli della droga di Medellin, spaccia disinformazione e mala informazione. Il cartello italiano fa parte del più vasto cartello occidentale. È sconfortante osservare che tutto il mainstream euro-nordamericano agisce compatto al servizio di ordini comuni, qualunque sia l’impostazione ideologica o politica della testata (perché ormai in Europa non c’è più alcuna differenza sostanziale tra destra e sinistra). L’impressionante livello di conformismo è emerso chiaramente allo scoppio del conflitto in Ucraina: da quel momento è stato evidente a tutti, tranne a chi non vuole vedere, che la stampa è al servizio dei poteri e si guarda bene dal raccontare la verità specialmente se la verità – come accade quasi sempre – è scomoda. Ricordiamo tutti le panzane inverosimili: Putin malato terminale si tiene in vita bevendo una coppa di sangue di cervo al giorno… i russi a corto di munizioni attaccano gli ucraini con le pale… i russi bombardano la centrale nucleare di Zaporizha (in mano ai russi stessi)… , i russi hanno sabotato i loro gasdotti Nord Stream…, con l’arrivo dell’inverno i soldati russi disertano perché non ricevono calzini di lana da Mosca… Del resto, la funzione della stampa occidentale è chiara da almeno mezzo secolo. Malcom X a inizio anni ’60 diceva: “Se non state attenti, i giornali vi faranno credere che i persecutori sono le vittime e le vittime sono i persecutori”. L’abbiamo visto a Gaza: i palestinesi tutti “terroristi”, gli israeliani “si difendono”. L’unico titolo vero che ho letto di recente è questo: “2024, l’Italia arretra di 5 posizioni nella libertà di stampa. Meglio di noi anche Fiji e Tonga”. Dico Tonga, eh, un regno polinesiano che sulla carta geografica non saprei neppure collocare con sicurezza.

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