È noto a tutti che dal 2014 la Federazione Russa ha adottato un provvedimento che vieta ad alcuni Paesi, tra cui l’Unione Europea, gli USA, il Canada, l’Australia e la Norvegia, l’importazione di alcuni prodotti agroalimentari, in reazione al regime sanzionatorio da loro imposto contro la Russia.
Di conseguenza, la geografia delle importazione russe è cambiata drasticamente e sono apparsi nuovi Paesi esportatori dei prodotti sotto embargo: frutta e verdura, latte e derivati, carne e lavorazioni a base di carne. L’Italia ha subito un duro colpo al suo export, perdendo un fatturato di 240 milioni di euro nel 2015 senza considerare che per il Made in Italy si sta verificando anche un enorme danno di immagine a causa della diffusione in Russia di produttivi sostitutivi, di imitazioni che non hanno nulla a che fare con l’Italia.
L’embargo non riguarda però tutti i generi alimentari ed è, quindi, consentito esportare nella
Federazione Russa tutti gli altri generi alimentari, tra cui:
alcolici,
bevande,
pasta, olio e prodotti da forno.
L’Italia rimane infatti leader di mercato per vino e pasta, al secondo posto per le acque minerali ed altre bevande analcoliche, al terzo posto per i prodotti da forno ed al quinto per il caffè.
Nonostante l’embargo e la crisi del rublo dovuta al calo di prezzo del petrolio, che man mano sta riacquistando potere d’acquisto, i consumatori russi rimangono affascinati dai nostri prodotti,
percepiti di elevata qualità, sinonimi di salubrità, benessere e stile di vita italiano.
Situazione molto differente si trova in alcuni paesi appartenenti all’ex Unione Sovietica, i c.d. Paesi CSI, ove spiccano, per le opportunità da cogliere per il settore agroalimentare, l’Azerbaijan ed il Kazakistan.
L’
Azerbaijan è un paese che negli ultimi anni sta crescendo in maniera esponenziale in cui, attraverso un’azione governativa efficace, il settore agroalimentare cerca di raggiungere gli standard mondiali anche se, oggigiorno, non riesce a soddisfare la domanda interna ed è quindi costretta ad importare alcune produzione. La popolazione locale, inoltre, è sempre più esigente e alla ricerca di nuovi prodotti, ricerca prodotti di alta qualità anche
grazie all’alto potere di acquisto.
Il governo del Kazakistan ha deliberato fondi per modernizzare le imprese agroalimentari locali ma rappresentando solo il 4.5% del PIL non riesce a soddisfare il fabbisogno interno. Negli ultimi
anni sono sorti numerosi centri commerciali, supermercati, ipermercati, cash&carry e negozi di prestigio, sintomo di un’evoluzione degli acquisti e la costante ricerca di prodotti esteri. Questo è confermato anche un significativo aumento degli importatori/distributori di prodotti alimentari con proprie reti di vendita per una distribuzione capillare in tutto il Paese. La crescita economica del paese ha portato numerosi investitori esteri a costruire hotel di lusso in cui sono presenti le principali cucine internazionali, tra cui quella italiana.
Numerose sono le opportunità da cogliere in
Russia e nei
Paesi CSI sopratutto tenendo in considerazione che il comportamento del consumatore medio russo si sta progressivamente orientando verso prodotti salutari, meno calorici e con meno percentuali di grassi. Si sta infatti consolidando una domanda di prodotti alimentari più specializzata destinata a diverse categorie di consumatori quali ad esempio i prodotti alimentari per i giovani e per l’attività sportiva, per i bambini, prodotti preconfezionati da consumarsi sul luogo di lavoro, pratici, a basso contenuto calorico e nutrienti. La percentuale del
Made in Italy presso il
mercato russo è legata prevalentemente al settore agroalimentare: la cucina italiana è al terzo posto nelle preferenze dei russi, dopo la cucina locale e quella caucasica. La situazione dell’embargo non ha cambiato questa situazione ma, anzi, ha impreziosito i nostri prodotti agroalimentari, dandogli
un’ulteriore valore aggiunto.
Il divieto di importare prodotti nella Federazione Russa ha permesso di ottenere numerosi vantaggi sopratutto per le aziende che hanno deciso di delocalizzare la produzione le quali hanno acquisito nuove fette di mercato, apportando know-how e mantenendo i costi di produzione bassi per offrire un prodotto di qualità.
Numerosi sono anche le opportunità da cogliere nei paesi dell’
ex Unione Sovietica in cui le popolazioni locali hanno sempre più abitudini di
consumo occidentale, appezzano la qualità del Made in Italy considerato uno “status” di prestigio, benessere e all’avanguardia.
Il presente articolo è tratto da un’analisi di mercato effettuato da
GruppoBPC International ed è possibile approfondire l’argomento scaricando gratuitamente l’intero industry report nel seguente
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