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LE PMI LOMBARDE PRONTE AD INVESTIRE IN RUSSIA

Milano – Cresce la voglia di Russia delle imprese lombarde. Il recente quanto pernicioso rinnovo del regime sanzionatorio nei confronti del gigante eurasiatico, non ha minimamente scalfito il desiderio degli imprenditori della regione  italiana più ricca e produttiva, di avviare nuovi business in un paese che, dal canto suo, sta predisponendo una serie di allettanti ed interessanti iniziative, così come abbiamo avuto modo di testimoniare più volte nelle ultime settimane.

Secondo un’indagine durata diversi mesi, condotta da Confindustria Lombardia, in collaborazione con la SDA Bocconi, quasi una PMI su 4 (circa il 25% del campione intervistato, ovvero quasi 1.400 aziende) si auspica in futuro di poter allacciare rapporti commerciali con la Russia. Un dato che evidenzia, casomai ce ne fosse ancora bisogno, la totale mancanza di sintonia fra chi decide e chi invece, fra mille difficoltà, produce creando sviluppo, benessere, lavoro e ricchezza.

“Non avevamo la percezione, anche se un po’ lo immaginavamo, di quanto la Russia fosse così importante per le nostre imprese – ha ammesso Camilla Cionini Visani, Direttore Area Internazionalizzazione di Confindustria – e su questo dato, in futuro sicuramente ci lavoreremo e ci impegneremo”.

Di questo ed altro, si è parlato nel corso di un interessante incontro sull’internazionalizzazione che si è tenuto stamani presso la sede del capoluogo lombardo ed a cui hanno preso parte fra gli altri, il presidente di Confindustria Lombardia Alberto Ribolla ed il Sottosegretario allo Sviluppo Economico ed al Commercio Internazionale, l’Onorevole Ivan Scalfarotto ( che però non ha voluto rispondere ad una domanda diretta sulle sanzioni alla Russia).  Ed in cui sono stati presentati i dati emersi dall’Indagine “Strategia di Internazionalizzazione, commitment e performance delle PMI lombarde”, di Confindustria Lombardia ed il contributo scientifico di SDA Bocconi.

“L’internazionalizzazione – ha esordito Ribollaè uno dei quattro driver per la competitività, individuati dal nostro piano strategico #Lombardia2030. Il core business delle imprese lombarde è la manifattura che impiega circa 1 milione di persone, e per fare una buona internazionalizzazione è necessario percepire l’impresa come un valore. Altro elemento fondamentale poi è il capitale umano, perché senza il cervello non è possibile avere delle buone imprese e dei buoni cittadini. E l’ultimo pilastro è appunto l’internazionalizzazione. La manifattura genera posti di lavoro anche nei servizi. La buona notizia è che abbiamo registrato in questo trimestre, dopo diverso tempo trascorso a rilevare aumenti da prefisso telefonico, un +1,7% di incremento della produzione industriale che si traduce in un interessante e confortante +4% annuo. Altro dato sorprendente riguarda il mercato più grande che, al contrario di quello che si pensa non è quello americano, bensì è quello europeo includendo anche l’Inghilterra”.

Logica conseguenza di ciò è un export, diventato vero e proprio asset di valore per le imprese del settore, con incrementi significativi nelle aree del Mercosur (+38,2%), della Cina (+35,3%) e della Russia (+26,7%). “L’Italia – ha proseguito il presidente di Confindustria Lombardiaha un enorme potenziale, che non sempre è stato sfruttato a dovere. La nostra strategia è mirata ad avere imprese più grandi, internazionalizzate, interconnesse, migliore capitale umano, brain intensive e digitalizzate secondo un processo 4.0. Vogliamo essere internazionali non più combattendo sul costo del lavoro, ma entrando nelle Global Value Chain con più dimensione e brand. L’interrelazione con altri paesi dovrà essere basata su un favore reciproco, discutendo anche di attrattività degli investimenti perché ciò genererà ricchezza. Da soli è difficile combattere, e per questo motivo è necessario fare sistema. Abbiamo perciò deciso di condividere questa nostra visione con la Regione Lombardia, attraverso una riorganizzazione delle politiche locali per l’internazionalizzazione. Ci teniamo a rinsaldare i nostri rapporti anche con ambasciate e consolati, stakeholders regionali ed altri partner come le associazioni nostre omologhe oltre confine. A valle di tutto ciò sono stati stretti accordi con paesi come ad esempio Germania e Svizzera, la maggiore collaborazione con associazioni presenti sul territorio ed anche il maggior utilizzo della rete Enterprise Europe Network. Questo perché vogliamo rendere la Lombardia un territorio votato all’innovazione ed all’ultimo World Manifacturing Forum abbiamo deciso che dal prossimo anno in avanti sarà organizzato in Lombardia”.

Ma quali sono i mercati maggiormente interessanti per le imprese lombarde? “Sicuramente – ha poi concluso Ribollarientrano i Brics, con in testa Federazione Russa, India e Cina anche se, oltre a quelli tradizionali come USA, Canada e Gran Bretagna, abbiamo rilevato un certo interesse nei confronti dell’Iran, dell’Oman o del Vietnam che presentano nuove potenzialità. Come Confindustria Lombardia, non possiamo che applaudire a tutte quelle iniziative che mirano a superare gli ostacoli protezionistici. Recentemente abbiamo approfondito i contatti con la Regione di Mosca per agevolare l’internazionalizzazione indiretta che non riguarda solo l’export ma anche gli investimenti in Russia”.

Dopo l’intervento del presidente degli industriali lombardi, l’incontro è proseguito con l’analisi dei risultati di questo significativo studio. “Le imprese lombarde – ha evidenziato Gabriella Lojacono, Professore Associato del Dipartimento Management e Tecnologia dell’Università Bocconinon si limitano solo ad esportare, ma tendono anche ad avere una presenza commerciale più incisiva con uffici e filiali in loco. Cosa che le rende maggiormente competitive perché hanno adottato una strategia di market seeking, attraverso cui sono andate alla ricerca di nuovi mercati, e non sempre affidandosi ad un partner come accade invece con le joint venture. Quando abbiamo chiesto agli imprenditori dove sono interessati ad investire la risposta più gettonata, e che ci ha davvero sorpreso considerando le ben note difficoltà di accesso, è stata la Russia (24,8%), seguita poi dagli USA e dagli altri paesi. Il mercato invece preferito per l’installazione di una nuova sede produttiva è risultato essere la Cina, con il 28,5% delle risposte del nostro campione intervistato”.

Altro aspetto significativo della ricerca è la presenza nel campione rilevato delle Born Global, ovvero di quelle imprese che si sono internazionalizzate fin dalle loro origini e che hanno raggiunto il 25% delle vendite all’estero entro i loro primi tre anni di vita. Un fenomeno trasversale un po’ a  tutti i settori produttivi ma che hanno la caratteristica di conseguire vantaggi competitivi, operando in particolari nicchie di mercato grazie alla capacità dell’imprenditore di avere un prodotto valido tanto per il mercato italiano, quanto per quello internazionale.

“Oltre un terzo delle aziende nate dopo il 2000 – ha confermato Nicola Misani, Ricercatore del Dipartimento Management e Tecnologie dell’Università Bocconi sono Born Global che adottano un’internazionalizzazione veloce e programmata. Stanno sopra le altre sotto questo aspetto ed anche per quello che riguarda gli investimenti all’estero sono più rapide. Presentano un ROA (Return On Assets, nda) del 5,3% e questo dato attesta che siamo in presenza di un campione molto rappresentativo di eccellenze. Ovviamente, il processo di internazionalizzazione può presentare anche delle criticità che però, una volta superati, portano a conseguire dei risultati economici di tutto rispetto. Dalla nostra ricerca, si evidenzia un forte dinamismo perché le imprese con l’internazionalizzazione vedono ripagati i propri sforzi. Il loro essere leggere, le porta ad essere veloci e dunque a conseguire risultati più stabili e permanenti”.

Francesco Montanino



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