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LA RUSSIA E LA NUOVA FRONTIERA DELL’ARTICO

La Russia ha rivendicato ufficialmente davanti all’Onu la sovranità su 1,2 milioni di km quadrati di piattaforma artica, un’area grande quanto il Sudafrica. La zona include anche il Polo Nord e darebbe accesso a Mosca a 4,9 miliardi di tonnellate di idrocarburi. La Russia tenta dal 2001 di estendere la frontiera artica, includendo le creste di Lomonosov e Mendeleev, rivendicate anche da Danimarca e Canada. Per Mosca le dorsali oceaniche e il Polo Nord fanno parte del continente euroasiatico e appartengono alla Russia.
Non si tratta di una bizzarria senza ragione, ovviamente. Al solito, c’è un movente energetico ed economico dietro l’operazione: la zona artica rivendicata darebbe accesso a 4,9 miliardi di tonnellate di idrocarburi. L’Artico conterrebbe il 13% delle risorse petrolifere globali ancora non scoperte e il 30% delle riserve di gas naturale. Inoltre lo scioglimento dei ghiacciai artici dovuto al surriscaldamento globale potrebbe aprire la possibilità di rotte commerciali che colleghino l’Asia attraverso il circolo polare. È quindi questa la ragione per cui da tempo Mosca guarda con interesse a questa regione.

La richiesta si basa sulla Convenzione Onu che regola il diritto del mare e che consente a uno Stato costiero di estendere la propria giurisdizione sulla piattaforma continentale (cioè sul prolungamento del territorio che si sviluppa sotto la superficie del mare) fino a 200 miglia nautiche dalla costa, potendo arrivare fino a un massimo di 350 miglia laddove la conformazione dei fondali lo consenta.Attualmente sono cinque i Paesi che hanno il controllo di questa zona economica: Russia, Stati Uniti, Canada, Norvegia e Danimarca.La rivendicazione di Mosca ha ad oggetto oltre 1,2 milioni di chilometri quadrati di piattaforma Artica e trova il proprio fondamento nella Convenzione Onu sul diritto del mare, siglata a Montego Bay nel 1982, che consente ad uno stato di estendere la propria giurisdizione sulla piattaforma continentale (vale a dire il naturale prolungamento del territorio che si sviluppa sotto la superficie del mare) per uno spazio compreso tra le 200 e le 350 miglia dalla costa. Condizione necessaria è che il paese dimostri la propria continuità territoriale con le terre sommerse ed è questo l’obiettivo di Putin.  Il premier russo ha da sempre mostrato grande interesse per la zona e le motivazioni che sottendono tale propensione sono, oltre che di natura politica, soprattutto di carattere economico. Stando ai recenti rilevamenti il Mar Glaciale Artico contiene il 30 per cento del gas naturale e il 15 per cento del petrolio non ancora scoperti. Se la richiesta fosse accolta Mosca avrebbe accesso ad oltre 4,9 miliardi di tonnellate di idrocarburi. Inoltre la regione artica è considerata strategica anche per il possibile sfruttamento di nuove rotte commerciali: il surriscaldamento globale e il parziale scioglimento dei ghiacciai potrebbe portare all’apertura di nuove rotte di comunicazione tra l’Europa Orientale e l’Asia. Già nel 2001 la Russia ci aveva provato, ma in quel caso la richiesta era stata rifiutata dall’Onu perché non sufficientemente supportata.

Barbara Cassani

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