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LA RUSSIA BLOCCA LE FORNITURE DI GAS CHE PASSANO PER L’UCRAINA ED ORA ANCHE L’EUROPA RISCHIA

La Russia ha deciso, e la scelta potrebbe avere conseguenze drastiche per l’Europa. Putin sposterà tutto il flusso di gas naturale, che attualmente passa attraverso l’Ucraina, verso un percorso che lo porterà al confine tra la Grecia e la Turchia. Alexey Miller, di Gazprom, il più grande fornitore al mondo di gas naturale ha detto: “…da qui in poi, saranno problemi degli europei andarselo a prendere“,  aggiungendo anche che ” i 63 miliardi di metri cubi che attualmente transitano dall’Ucraina passeranno attraverso una nuova pipeline, sotto al Mar Nero“.

Queste le conseguenze dell’embargo finanziario imposto alla Russia, le cui contromisure già hanno messo in ginocchio l’export italiano con danni per centinaia di milioni di euro. Il Ministro per l’energia Russo, Alexander Novak, ha detto: “La decisione ormai è presa: stiamo diversificando ed eliminando i rischi derivanti da paesi che negli ultimi anno si sono dimostrati instabili“. Miller ha aggiunto che “non ci sono altre opzioni, visti i problemi con l’Ucraina“. E i primi risultati di queste disposizioni non si sono fatti attendere: sospensione diretta della fornitura di gas in Bulgaria, Grecia, Romania, Croazia, Macedonia e Turchia. Tradotto in cifre, il 60% delle forniture in arrivo dalla Russia per l’Europa è a rischio, così come a rischio è anche la tenuta dell’intero comparto energetico per il Vecchio Continente. Il DailyMail, che ha lanciato la notizia, già parla di ore, prima che la crisi possa manifestarsi con la pienezza della sua forza, in particolare in Francia e Germania, più esposte verso la Russia. Nel frattempo la Croazia ha già fatto sapere di aver parzialmente ridotto l’apporto di gas ai clienti industriali, mentre il Regno Unito, vittima di uno dei suoi inverni storicamente più freddi, teme l’impennata dei prezzi, anche se da Londra fanno sapere che la rete di forniture non dovrebbe subire particolari contraccolpi perché non direttamente legata a Gazprom, il colosso russo che ha ricevuto l’ordine di tagliare i rifornimenti. Un ordine arrivato senza nessun preavviso, come sottolinea la stampa, nonostante il fatto che più volte Putin stesso abbia rassicurato sulla sua disponibilità a collaborare.

La questione è particolarmente complessa e riguarda non solo la questione della fornitura in sé, quanto le accuse, recenti, di un attacco ad un autobus, avvenuto il 13 gennaio e che ha causato 12 morti. Difficile, come al solito, ricostruire la dinamica dei fatti, l’unica cosa che si sa è che durante un bombardamento, è stato attaccato un posto di blocco militare dell’esercito ucraino a Volnovakha, a Sud di Donetsk, l’autobus era nelle vicinanze ed è stato colpito. Già in precedenza c’erano state delle avvisaglie quando Putin stesso decise di chiudere il progetto South Stream ovvero l’oleodotto che avrebbe bypassato Kiev e garantito il passaggio del gas attraverso la Bulgaria. Il motivo della sospensione, che resterà poi definitiva, fu la lentezza del governo bulgaro, pressato dalle potenze europee, nel concedere i permessi e le autorizzazioni. Il presidente russo, allora, decise una strada alternativa e cioè scegliere la Turchia come territorio di passaggio. La Gazprom prevede, come si diceva, di inviare 63 miliardi di metri cubi con un collegamento posto sotto il Mar Nero e che attraverserebbe la Turchia. Perplesso per la decisione Maroš Šefčovič, vicepresidente della Commissione europea per l’energia che si trova attualmente a Mosca per trattare con Putin un’alternativa agli accordi su South Stream per le forniture di gas all’Europa. Ancora più drastico però, lo stesso Alexei Millerdi Gazprom secondo cui, una volta annullata la via bulgara, l’unica alternativa, senza opzioni, resterebbe quella di Ankara e del suo ‘Turkish Stream’ la cui esecuzione, però, spetta all’Unione Europea. In tutto questo, nel frattempo, Kiev sta da tempo acquistando dalla Russia, a prezzo più volte rialzato, quantità inferiori di gas rispetto a quanto stabilito, cosa che si traduce prima di tutto in un’erosione sistematica delle riserve, già di per sé insufficienti, ma anche in una crisi praticamente imminente visto il picco delle temperature invernali che raggiungeranno l’apice tra pochi giorni.

Barbara Cassani

 

 

 

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