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I simboli della Russia: gli Atlanti dell’Hermitage

Tra gli edifici simbolo della Russia spicca senza dubbio il complesso museale dell’Hermitage, una delle perle incastonate nella splendida San Pietroburgo, che chiunque visiti il Paese desidera ammirare.

Ma forse non tutti sanno che l’Hermitage, il cui nome deriva dal francese e significa “eremo”, non è un solo palazzo, ma una serie di edifici collegati tra loro, che sono stati costruiti in epoche diverse, su commissione degli Zar che si sono succeduti al governo.

Lo stabile più famoso è il meraviglioso Palazzo d’Inverno, costruito dall’architetto italiano Francesco Bartolomeo Rastrelli in stile Barocco, con l’aggiunta di alcuni elementi Rococò, e poi ristrutturato più volte a causa dei danni derivati da diversi incendi.

Ospitò fin da subito parecchie opere d’arte, ma divenne famoso grazie alla Zarina Caterina la Grande, che ampliò la collezione facendo diventare l’Hermitage il museo più prestigioso d’Europa.

Ma vogliamo soffermarci su una parte meno conosciuta del complesso, il Palazzo del Nuovo Hermitage – Новый Эрмитаж –  costruito su progetto dell’architetto tedesco Leo von Klenze e implementato dai colleghi Vasilij Stasov e Nikolai Efimov; lo Zar Nicola I lo ha inaugurato il 5 febbraio 1852.

Si tratta del primo edificio in Russia costruito appositamente come museo d’arte pubblico, ideato per ospitare la crescente collezione di opere e oggetti d’arte che il Vecchio Hermitage, prolungamento del Palazzo d’Inverno, non era più in grado di accogliere.

Ma ciò che colpisce fin dall’esterno del Nuovo Hermitage è la presenza mozzafiato di 10 giganteschi Atlanti che sorreggono il porticato d’ingresso del Palazzo, sulla via Millionaya. Originariamente, il progetto di von Klenze prevedeva delle colonne a figura femminile – le Cariatidi – ma lo scultore Aleksandr Terebenëv ha presentato un modello  in gesso di figura maschile, che vinse il concorso e fu quindi realizzato, suscitando l’ammirazione dello Zar Nicola, che premiò l’autore con un anello di diamanti e nuove commesse da realizzare.

Le figure atlantidee, alte 5 metri, sono state realizzate in oltre due anni su granito grigio proveniente da Serbodol in Carelia; ci hanno lavorato 150 scalpellini, ognuno dei quali aveva la propria parte da realizzare: torso, mani, braccia, gambe, mentre la testa è stata scolpita dallo stesso Terebenëv.

La particolarità è che, a parte minimi dettagli, gli Atlanti sono praticamente identici ed è curioso il fatto che in un periodo in cui si utilizzava ancora la scalpellatura manuale, si sia potuto ottenere un risultato di 10 statue da 10 tonnellate perfettamente uguali tra loro.

C’è chi ipotizza l’utilizzo di stampi, ma questa teoria viene smentita dal fatto che le statue presentano venature di quarzo, caratteristiche delle rocce ignee come il granito massiccio, dove si formano in conseguenza del lento raffreddamento e cristallizzazione del magma… cosa quindi impossibile da realizzare tramite una colata su calco.

Altra questione che suscita curiosità, e su cui i restauratori ancora non hanno trovato spiegazione, è come all’epoca siano riusciti a lucidare così bene il materiale, tanto da conferirgli una superficie praticamente a specchio.

Insomma, la costruzione di questi affascinanti Atlanti rimane un mistero da risolvere e che i più romantici potrebbero spiegare come effetto della magia del Paese meraviglioso che è la Russia.  

E lo charme dei Telamoni ha ammaliato anche il musicista e poeta Alexander Gorodnitsky, che ha dedicato loro la canzone Les atlantes, di cui riportiamo questi bellissimi versi:

“Quando il tuo cuore è pesante
e freddo nel petto,
ai gradini dell’Eremo
vieni all’imbrunire,
là dove senza mangiare né bere,
dimenticati da secoli,
gli Atlantidei sostengono il cielo
con le loro mani di pietra.
… E puoi sperare di vivere
fino ad allora, finché
gli Atlantidei tengono il cielo
nelle loro mani di pietra”.

Eva Bergamo

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