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GRANDE SUCCESSO PER LA PRIMA DI “MADAMA BUTTERFLY” ALLA SCALA DI MILANO

Grande successo di “Madama Butterfly” alla Scala. A 112 anni dal fiasco clamoroso del 17 febbraio 1904 in occasione della prima, il pubblico di Milano ha cancellato il ricordo di quei madama-butterfly-teatro-alla-scala-di-milano-dic-2016-2fischi e quegli scherni e ‘risarcito’ pienamente Giacomo Puccini accogliendo con applausi calorosi quella stessa versione dell’opera che da allora non era mai più stata rappresentata a Milano. Gli applausi erano già esplosi già a scena aperta, rivolti al soprano uruguayano Maria José Siri (commovente Cio-Cio-san) al termine dell’aria più famosa, ‘un bel dì vedremo…’, e al chiudersi del sipario sono stati tributati a tutti gli altri interpreti: particolarmente intensi per ‘Butterfly’, ma anche per Annalisa Stroppa (Suzuki), Bryan Hymel (Pinkerton), Carlos Alvarez (Sharpless) e per il resto della compagnia di canto. Un’ovazione ha accolto al proscenio il direttore dell’orchestra scaligera, Riccardo Chailly, e calorosi battimani sono andati anche al regista lettone Alvis Hermanis, autore di uno spettacolo che ha saputo cogliere l’essenza del mondo giapponese d’inizio secolo – su cui Puccini si era ben documentato nel dar vita all’opera – pur con una messa in scena stilisticamente moderna e molto “pulita”.

Quindi negli applausi gli sono stati accomunati la coautrice delle scene Leila Fteita e l’autrice dei costumi Kristine Jurjane, l’autore delle luci Gleb Filshtinsky, dei video Ineta Sipunova e della coreografia Alla Sigalova. L’affermazione dello spettacolo si è concretata nella serata di Sant’Ambrogio, dedicata all’inaugurazione della stagione d’opera, davanti al pubblico delle grandi occasioni, sia pur privato della presenza di personalità politiche nazionali a causa della crisi di governo (nel palco centrale il sindaco di Milano Sala, il governatore Maroni e il prefetto Marangoni), ma con ospiti illustri quali l’ex sovrano spagnolo Juan Carlos, l’Ambasciatore del Giappone Kazuyoshi Umemoto, i sovrintendenti di diversi teatri europei. E con uno spettacolo trasmesso dalla Rai in Italia e in molti Paesi del mondo, in diretta o in differita. Se il merito del successo è stato di tutti coloro che vi hanno lavorato, gli artefici – oltre alle pagine immortali della musica di Puccini – sono stati soprattutto due: il maestro Chailly e il regista Hermanis. Il primo con tutte le sue forze ha voluto riproporre la versione originale dell’opera (con la partitura ricostruita da Julian Smith), contenente “i tratti più innovatori della musica del primo Novecento”. Una versione caratterizzata dalla divisione in due atti invece che nei consueti tre, perché, per dirla con Puccini: “…il dramma deve correre alla fine senza interruzioni, serrato, efficace, terribile”. Qui manca l’aria di Pinkerton ‘Addio, fiorito asil’ perché Puccini la compose successivamente, quando presentò l’opera a Brescia, ottenendo quel trionfo che gli era stato negato alla Scala solo tre mesi prima. Come successivamente il compositore tolse dal primo atto parti e battute di irrisione che rappresentano meglio l’insensibilità razzista di Pinkerton, verso il mondo giapponese (“che burletta la sfilata della nuova parentela…”), che confida al console americano Sharpless di voler sposare Butterfly all’usanza giapponese, che gli avrebbe consentito di ripudiarla dopo un mese. E alla fine non ha il coraggio di incontrare la ragazza che ha illuso, lascia il campo alla moglie Kate. Ed è lei – non Sharpless – che qui affronta Butterfly e le chiede il bambino.

Una “Madama Butterfly” quindi più aspra e spigolosa, che dà un colore nuovo alla vicenda rispetto a quella in seguito rappresentata e amata nel mondo. Hermanis realizza questo dramma in modo semplice e moderno: una scena fissa occupa tutto il boccascena. In basso scorrono le porte di una tradizionale abitazione giapponese. E ai lati e sopra, un’intelaiatura di pannelli bianchi luminosi che lasciano filtrare la luce e che all’occorrenza scorrono anch’essi mostrando azioni o immagini di commento all’azione scenica principale. Vi si snoda il corteo nuziale di Cio-Cio-san, con gli eleganti kimono e movenze coreografiche ispirate al teatro Kabuki.

Nel primo atto appare in alto, centrale, terribile lo zio bonzo, che manda anatemi alla sposina e porta via tutti i parenti dalla festa nuziale. Nel secondo atto i pannelli bianchi si colorano ancora e appare la baia di Nagasaki come in una stampa d’epoca, con i velieri alla fonda, quando Butterfly scruta il mare. Immagini che spariscono nei momenti drammatici, pannelli che tornano bianchi. Davanti al bimbo bendato (“Tu, piccolo Iddio…”) si consuma il dramma, sul futon bianco, dove Butterfly, il kimono anch’esso bianco con fascia rossa in vita, col coltello da harakiri del padre si taglia la gola. Sul richiamo (“Butterfly !”) di Pinkerton pentito si chiude il sipario. E il pubblico si apre all’applauso.

Barbara Cassani

(fonte: ANSA – photo: Ufficio stampa Teatro alla Scala)

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