GOGOL E ROMA
I romani, e i turisti, sono abituati ai busti di bronzo, e alle statue a figura intera, che a
Villa Borghese spuntano da ogni angolo. A volte non ci fanno caso, non si interrogano sulla storia ed i
legami che hanno portato a lasciare qui, nel cuore di
Roma, ricordi di vite passate.
E’ così anche per uno dei più esemplari rappresentanti della letteratura russa: Nikolaj Vasilevich Gogol (1 aprile 1809 – 4 marzo 1852).
A volte Roma decide di rendere omaggio a personaggi della storia estera per simboleggiare gli ottimi rapporti tra la sua patria e l’Italia. Ma in questo caso, il legame, intenso e appassionato, non è tra Russia e Italia, ma proprio tra lui, il tormentato scrittore, e l’amatissima Roma.
La statua, opera dello scultore georgiano
Zurab Tsereteli (direttore dell’Accademia delle arti in
Russia), è stata inaugurata il 17 dicembre 2002 in
Piazza Paolina Borghese, a testimonianza di un legame fortissimo che aveva portato lo scrittore a Roma nove volte tra il 1837 e il 1947, soggiornando nel centro della capitale, come in via Felice 126 (
oggi via Sistina), da cui il suo sguardo poteva ammirare le bellezze della città eterna.
“Io posso scrivere di Russia solo stando a Roma”, è impresso sulla base della statua di
Villa Borghese. E infatti nella capitale, che nel bicentenario della nascita lo ha ricordato con una lunga serie di eventi, Gogol ha scritto la maggior parte del suo capolavoro,
Le Anime Morte.
Forse c’era bisogno di lontananza per analizzare la Russia con il distacco necessario per metterne in mostra degenerazioni e nefandezze, come nel caso del Cicikov delle Anime Morte. E Roma, con i suoi splendori, era distante e affascinante al tempo stesso. Ci sono testimonianze variegate del suo amore per la città, per la sua architettura e per la sua cucina che, sembra, amasse riproporre anche quando a Roma non era.
La statua di Villa Borghese è accanto a quella di un altro indimenticabile rappresentante della letteratura russa: Aleksandr S. Puskin.
Barbara Cassani
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