Come ci rammenta la Direttrice della fondazione Gianfranco Ferrè, Rita Airaghi, questa è una mostra che vive una sua seconda vita, la prima è stata a Prato, legata più ad un concetto di
Quando ci si appresta a visitare questa mostra bisogna partire dal concetto che, come diceva Ferrè: “la moda è anche sogno” e qui sogno e realtà sono legate da una perfetta sinergia, che riesce a fare emergere un Gianfranco Ferrè capace di grande progettualità, profonda cultura sia artistica che estetica e rivolto sempre al futuro e quindi all’innovazione.
L’apertura della mostra si presenta ai nostri occhi con una serie di vibranti teli sui quali vengono proiettate
Nella seconda sala regine incontrastate sono le ventisette camicie bianche, in taffettà , crepe de chine, seta, raso, tulle, piquet, merletti, ricami, impunture e la luce che su di essere viene irradiata; questa permette grazie anche ai giochi di luci ed ombre che vengono a crearsi di ottenere degli effetti plastici. Ai lati della sala delle teche contenenti bozzetti, schizzi, appunti, giornali di moda e fotografie d’archivio.
Il lavoro di annientamento e ricomposizione del concetto di camicia
In questa mostra l’intera filosofia di Ferrè si dipana e nella camicia sembra di rivedere la punta di un iceberg al di sotto del quale si cela tutto il mondo Gianfranco Ferrè, che trasformando il famoso verso di Quinto Orazio Flacco potremmo dire “ut camicia poesis” ovvero la camicia è come la poesia e la poesia è come le camicia, per indicare come la moda non è solo paillettes e lustrini ma in primis una forma d’arte.
Francesca Brienza