Nel periodo di transizione fra il crollo del regime comunista e la nascita della Federazione Russa per come la conosciamo oggi, c’è stato un tentativo di colpo di stato fallito in appena 72
Una pagina di storia caduta nel dimenticatoio e nell’indifferenza che però ha segnato una svolta storica non di poco conto, perché fu proprio in quei giorni che l’URSS si sgretolò inesorabilmente, dando la stura alla dissoluzione di un vero e proprio impero che si era fondato per più di 70 anni sull’azzeramento delle libertà economiche ed individuali.
A gennaio, mentre la guerra con l’Iraq di Saddam Hussein si stava concretizzando, nelle tre repubbliche baltiche Estonia, Lettonia e Lituania cresceva a dismisura la voglia di affrancarsi dal regime sovietico. Non fu un caso che proprio alla fine di quel tentato colpo di stato, Estonia e Lettonia ne approfittarono per proclamare la propria indipendenza facendo fallire sul nascere l’idea di Mikhail Gorbaciov di trasformare l’Unione delle
La fine del COMECON (alleanza economica) e del Patto di Varsavia (alleanza militare) – sui quali si reggeva l’ideologia comunista nei paesi est europei – avvenuti fra la fine di giugno e l’inizio di luglio, aveva reso a quel punto indispensabile ed improcrastinabile la trasformazione del patto federativo che legava le repubbliche facenti parte dello stato sovietico, in un’entità democratica e federale che tenesse maggiormente conto delle istanze dei singoli paesi che facevano parte di quell’unione.
Insomma, un tentativo di salvare capre e cavoli che però doveva fare i conti con quegli apparati del PCUS che mal digerivano e sopportavano l’idea di dover cedere ulteriori libertà a chi era stato utilizzato per diversi lustri come lo strumento per detenere potere ed immense ricchezze.
Infatti, la realtà raccontava che l’oligarchia comunista che aveva tenuto soggiogati interi popoli per diversi decenni, ormai era arrivata alla frutta. La soppressione dei diritti umani e la riduzione in miseria di milioni e milioni di cittadini, erano stati solo la punta dell’iceberg di un’ideologia
Così come va altresì sottolineato che dietro le pulsioni nazionaliste non è escluso possa esserci la longa manus di quegli americani, da sempre bravi a fomentare le rivolte praticamente ovunque che non sempre sortiscono l’esito voluto, così come abbiamo avuto modo recentemente di constatare con le tanto strombazzate “primavere arabe”.
Tornando ai tumultuosi fatti di quei concitati giorni, era ormai tutto pronto alla firma di questo nuovo trattato perché Russia, Bielorussia, Azerbaijan, Moldavia, Georgia, Armenia, Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Kazakhstan, Ucraina e Tagikistan erano già
Il premier Gorbaciov per prepararsi quindi al meglio a questo gravoso impegno, si era concesso un paio di giorni di vacanza nella dacia presidenziale di Capo Foros, in Crimea. Era il 19 agosto quando, il fautore della perestrojka e della glasnost venne trattenuto lì contro la propria volontà, dietro un preciso ordine degli alti gradi del PCUS che con un disperato colpo di coda cercò di preservare l’Unione dai nazionalismi ed impedire un alleggerimento del potere centrale e statalista, ribadendo la prevalenza del Partito Comunista su ogni cosa.
Ad ordire questa trama che colse di sorpresa praticamente tutti, furono il capo del KGB Vladimir Krjuckov, il Ministro degli Interni Boris Pugo, il
Il vicepresidente Janaev prese possesso della televisione e della radio, ma non fu abbastanza incisivo nel farsi riconoscere come nuovo leader che avrebbe dovuto ripristinare lo status quo. Al contrario, questo tentativo di restaurazione provocò l’indignazione popolare con grandi manifestazioni di protesta organizzate in maniera spontanea a Mosca ed a Leningrado che scoraggiarono gli apparati militari dall’appoggiare il golpe.
In questa fase assolutamente confusa, in cui si sapeva poco o niente delle sorti di Gorbaciov (un’agenzia di stampa giapponese addirittura diffuse la
Il KGB intanto si rifiutò di obbedire agli ordini dei rivoltosi che chiesero l’arresto di Eltsin, così come le forze armate spedite a Mosca decisero di schierarsi unanimemente dalla parte della popolazione. Il tentativo di putsch dunque fallì ed i golpisti furono costretti ad arrendersi. Fu così che il 21
Nel mentre, le tre repubbliche baltiche presero la palla al balzo e dichiararono la propria secessione dall’URSS. A dare il definitivo colpo di grazia a quel che rimaneva di un’unione ormai in stato agonizzante, ci pensò il referendum dell’1 dicembre con il quale il 90% degli ucraini decisero per l’indipendenza.
Una settimana dopo, i leader di Russia, Ucraina e Bielorussia firmarono l’Accordo di Belaveza con cui dichiararono dissolta l’Unione
Il 12 dicembre la Federazione Russa proclamò la propria secessione ed il giorno di Natale alle ore 18, Mikhail Gorbaciov presentò le proprie dimissioni da Presidente dell’URSS, consegnando poteri ed archivio presidenziale sovietici al Presidente della Federazione Russa, Boris Eltsin.
Pochi minuti dopo, la bandiera sovietica con la falce ed il martello, venne ammainata e sostituita dal tricolore russo. Il 26 dicembre 1991, infine, anche il Soviet Supremo decretò la fine dell’Unione.
Iniziò in quel momento l’era di Eltsin che avrebbe accompagnato, non senza grosse difficoltà ed intoppi, la Russia nella delicata fase di trasformazione della propria economia da comunista e pianificatrice ad una maggiormente aperta al libero mercato.
Francesco Montanino