San Pietroburgo – La Germania si aggiudica la decima edizione della Confederations Cup. Nella finalissima disputata nell’avveniristico impianto di una “San Pietroburgo Arena”
I tedeschi si dimostrano, in questo periodo, autentici “cannibali” dal momento che, anche con una formazione decisamente giovane e sperimentale riescono a prevalere, e ad andare fino in fondo nelle competizioni in cui partecipano. Non sfugge a questa regola neppure la Confederations Cup che sinora non aveva mai visto la Germania collocarsi sul gradino più alto del podio.
Una squadra quadrata, ben messa in campo, che sa soffrire e che gioca un calcio propositivo: con questo mix vincente, i tedeschi hanno avuto la meglio
Il Cile, dal canto suo, ci ha messo il cuore, disputando una partita dignitosa e gagliarda ma alla fine ha dovuto alzare bandiera bianca di fronte alla forza ed alla concretezza evidenziati da una Germania che, dopo aver sofferto per i primi 20’ la verve e l’intraprendenza dei sudamericani (pericolosi con due conclusioni ravvicinate di Vidal), l’ha poi colpito alla prima occasione utile. Era infatti il 21’ quando, dopo un’ottima occasione fallita da Alexis Sanchez, sull’immediato capovolgimento di fronte Marcelo Diaz sbagliava clamorosamente il disimpegno e permetteva a Werner di regalare il più comodo degli assist che Stindl (già a segno contro i cileni nella fase a gironi) non doveva far altro che sospingere in rete. La roja
Anzi, erano i campioni del mondo a fallire con Goretzka e Draxler (premiato come miglior giocatore della competizione) in diverse occasioni il 2-0, sempre approfittando delle incertezze manifestate dalla retroguardia cilena.
In particolare Goretzka, quasi allo scadere della frazione di gioco, si faceva letteralmente ipnotizzare da Bravo che teneva fede al suo cognome sventando un altro pericolo nato da una palla persa in maniera maldestra in fase di disimpegno.
Nella ripresa, non cambiava il canovaccio dell’incontro con il Cile che provava a spingersi in avanti ed una Germania che non solo riusciva a difendere con ordine ma in maniera sorniona, con un monumentale Draxler, trovava sempre il modo di rendersi minacciosa dalle parti di Bravo.
Al 64’ altra svolta del match: l’arbitro serbo Mazic (autore sin lì di un’ottima prova) fermava il gioco ricorrendo alla VAR per sanzionare solo con un giallo una brutta gomitata di Jara su Kimmich. Un intervento apparso a tutti da rosso diretto, ma non per il direttore di gara che non ha voluto
Il direttore di gara teneva dunque in gioco i sudamericani che continuavano a non lesinare interventi duri ed al limite del regolamento, provando ad innervosire gli avversari che dal canto loro gestivano con impressionante tranquillità la situazione. Come logica conseguenza, la gara diventava più brutta perché spezzettata dalle continue interruzioni, ma ancora aperta perché l’1-0 lasciava tutto in bilico.
Al 71’, Vargas e Sanchez provavano a scardinare il muro difensivo predisposto dai tedeschi, ma con scarsa fortuna.
Due minuti dopo, era ancora l’ex calciatore del Napoli a liberarsi in piena area tedesca ma la sua conclusione era fiacca e facilmente bloccata da Ter Stegen. Il Cile continuava generosamente a premere ed al 75’ chiedeva il rigore per un intervento, in realtà assolutamente pulito, su Vargas che reclamava e rimediava l’ammonizione. La successiva conclusione di Vidal veniva deviata in corner, nella disperazione del centrocampista in forza al Bayern Monaco. La panchina cilena protestava vibratamente e ne faceva le spese il ct Pizzi, allontanato dal campo dal direttore di gara.
La Germania si limitava a controllare, senza però riuscire ad affondare il colpo quando nelle battute finali si aprivano invitanti spazi in una retroguardia cilena che si sguarniva, nel disperato tentativo di raggiungere il pareggio. Nel quarto dei 5’ di recupero, Ter Stegen era bravo a disinnescare una pericolosa punizione dai 20 metri di Sanchez, e regalava così il successo ai suoi.
Nella finalina per il terzo posto, a Mosca il Portogallo nel pomeriggio ha superato, non senza soffrire, ai supplementari (2-1) il Messico al termine
Sventato il pericolo, il Messico si riorganizzava ma era sempre il Portogallo a costruire le migliori occasioni da gol. Si andava al riposo sullo 0-0 e la ripresa si apriva con il vantaggio dei centroamericani che andavano a segno con una sfortunata deviazione di Neto, sul cross del “chicharito” Hernandez.
Il Messico accusava il colpo ed i portoghesi si vedevano assegnati dal direttore di gara Al-Mirdasi il secondo penalty dell’incontro. Stavolta Adrien Silva non lasciava scampo a Ochoa e così il Portogallo non doveva far altro che gestire il vantaggio fino alla fine. Le squadre finivano in 10, per le espulsioni in pochi minuti di Nelsinho (Portogallo) e di Raul Jimenez (Messico).
Cala dunque il sipario sulla Confederations Cup ma il count-down verso i Mondiali, è ormai partito. L’organizzazione esce a pieni voti da queste
In sede di analisi squisitamente tecnica, emergono alcuni interessanti spunti di riflessione. Manca, è vero, solo un anno ma appare chiaro che questa Germania così solida e ricca di talento è l’indiziata numero uno per essere ancora una volta davanti a tutti. Se anche nei momenti in cui non sono accreditati per il successo finale i tedeschi la spuntano, più di un campanello d’allarme per i tradizionali avversari (Brasile ed Argentina in primis,
Bene anche il Cile che ha confermato di essere formazione rognosa e pronta a dare filo da torcere a tutti, mentre ha deluso il Portogallo di CR7 che inizia a sentire il peso degli anni ed è l’unico a portare la croce in una compagine, afflitta da una sterilità offensiva che da sempre, del resto, è il suo principale tallone d’Achille.
Non ci si aspettava infine molto da una Russia che espone il cartello “lavori in corso” e sulla quale Cherchesov nei prossimi 12 mesi dovrà lavorare assai duramente per evitare figuracce, quando si farà sul serio e non sarà più possibile sbagliare.
REDSPORT RN