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Con la Conferenza di Berlino sulla Libia Putin torna protagonista in Europa: tutti i punti della dichiarazione finale

Berlino – I risultati della Conferenza di Berlino sulla Libia sono stati “positivi” anche per la Russia, che insieme alla Turchia è la promotrice dell’iniziativa del cessate il fuoco entrato in vigore il 12 gennaio, la cui importanza viene riconosciuta anche nella dichiarazione finale della conferenza, nonostante le riluttanze iniziali di alcuni partecipanti come la Francia. Putin era l’interlocutore a cui si guardava con piu’ attenzione, insieme al collega turco Tayyip Recep Erdogan, mediatori e alleati imprevisti di questa crisi, schierati su fronti opposti (il primo con il generale Khalifa Haftar, il secondo con il Governo di accordo nazionale di Fayez al-Serraj), ma interessati a rimanere attori imprescindibili in questa fetta di Mediterraneo. Dopo lo schiaffo inferto da Haftar con la mancata firma della tregua negoziata nei colloqui intra-libici di Mosca, la Russia ha tenuto a sottolineare davanti alla comunita’ internazionale il suo ruolo nel dossier libico e la sua leverage sul generale della Cirenaica. Haftar e Serraj “sono stati invitati alla conferenza di Berlino sulla Libia su insistenza della Russia“, ha detto alla stampa il ministro degli Esteri Sergey Lavrov, aggiungendo che le parti in conflitto “hanno fatto un piccolo passo avanti rispetto all’incontro tenuto di Mosca“, ammettendo anche pero’ che la “situazione non e’ facile” perche’ le differenze di approccio sono troppo grandi”.

Definendo la conferenza di Berlino come “molto utile”, il capo della diplomazia russa ha poi detto che le proposte e disposizioni finali del vertice servono a porre le condizioni “che consentano alle parti libiche di sedersi al tavolo dei negoziati e iniziare ad accordarsi”. Per Mosca, dopo il riconoscimento nero su bianco del suo ruolo in un dossier dove, fino a pochi anni fa, sembrava del tutto estromessa ora e’ importante che il processo politico e qualsiasi decisione riguardante una missione militare di monitoraggio di un cessate il fuoco, passi per il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Per Putin, l’attacco alla Libia di Gheddafi nel 2011, mentre lui era ‘solo’ premier e il presidente Dmitri Medvedev non pose il veto alla no fly zone sulla Libia, e’ una ferita non sanata e Mosca e’ decisa ad avere voce in capitolo sullo sviluppo della situazione anche esercitando il suo potere di membro permanente del Consiglio di sicurezza e senza dover ricorrere a una maggiore presenza sul campo che vada oltre le poche centinaia di mercenari della societa’ Wagner gia’ dispiegati a fianco di Haftar. Venire da protagonista nel cuore dell’Europa, alla presenza del segretario di Stato UsaMike Pompeo, e’ stato importante per il leader del Cremlino anche nell’ottica di riallacciare legami con l’Occidente e soprattutto con gli europei: la Libia e’ ora ufficialmente l’unico vero campo di cooperazione politica con l’Europa e prima di tutto con la Germania, a cui Putin ha riconosciuto il ruolo di guida del processo di pacificazione della Libia. Ma per ora si tratta di un “successo” di immagine per la Russia: per consolidarlo si trattera’ di riuscire a garantire l’ impegno sul cessate il fuoco da parte del suo ‘protetto’ Haftar, il quale pero’ risponde anche ad altri sponsor di peso come Egitto ed Emirati Arabi. “Qui non e’ come con Gheddafi, il clima e’ diverso“, titola il quotidiano Kommersant rimarcando cosi’ la volonta‘ della Russia di far valere i suoi interessi, a differenza di quanto avvenuto nel 2011. Ma parafrasando la prestigiosa testata russa si potrebbe anche dire “Qui non è come con Assad“: l’uomo forte della Cirenaica e gli equilibri che reggono la Libia non sono paragonabili all’altro scenario, quello siriano, che vede il Cremlino di Putin come nuovo kingmaker del Medio Oriente.

Ecco in sostanza le sei macroaeree su cui si incentra la dichiarazione finale di Berlino:

  1. MANTENERE IL REGIME DI CESSATE IL FUOCO: Tutte le parti coinvolte nel conflitto”devono mettere fine alle ostilita’ e sul lungo termine devono arrivare a una “cessazione globale” di tutte le ostilita’, “comprese quelle con l’uso dell’aviazione sul territorio libico”; il monitoraggio del rispetto della tregua sara’ affidato all’Onu; si accoglie con favore “la diminuzione dell’intensita’ delle ostilita’ dopo il 12 gennaio”, “nonche’ le consultazioni svoltesi a Mosca il 14 gennaio per creare le condizioni di un accordo sulla tregua”. Il documento contiene un appello a “fermare i movimenti delle truppe delle parti in conflitto e delle forze che le appoggiano su tutto il territorio della Libia dall’inizio del cessate il fuoco”. Si invita a istituire misure di confidence-building come lo scambi di prigionieri e si chiede un “processo di smantellamento e disarmo dei gruppi armati e delle milizie” con “la seguente integrazione del personale idoneo nelle istituzioni statali civili di sicurezza e militari”.
  2. RISPETTARE L’EMBARGO SULLE ARMI: si prevede l'”impegno” a rispettare l’embargo sulle armi imposto dalla soluzione Onu 1970/2011, nonche’ le successive risoluzioni del Consiglio di sicurezza”. Si chiede a tutti gli attori di applicare e far rispettare le sanzioni Onu per chi viola l’embargo.
  3. RIAVVIARE IL PROCESSO POLITICO, sotto l’egida della Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil): si chiede l'”istituzione di un Consiglio presidenziale funzionante e la formazione di un governo libico “singolo, unitario, inclusivo ed efficace, approvato dalla Camera dei rappresentanti” della Libia. L’invito alle parti in conflitto e’ di impegnarsi a tenere elezioni parlamentari e presidenziali libere e indipendenti. I partecipanti alla Conferenza di Berlino chiedono, inoltre, al Consiglio di sicurezza dell’Onu, all’Unione africana, alla Ue e alla Lega araba di agire contro coloro che ostacolano il processo politico; si chiede inoltre una distribuzione equa della ricchezza e delle risorse tra le differenti aeree geografiche del Paese, anche “attraverso la decentralizzazione e il sostegno delle muncipalita’”.
  4. RIFORMA DEL SETTORE DELLA SICUREZZA con il “ripristino del monopolio dello Stato sull’uso legittimo della forza”; si esprime sostegno all’istituzione di forze armate, forze di sicurezza e di polizia unificate, che saranno subordinate alle autorita’ civili centrali, sulla base dei colloqui svolti in precedenza al Cairo e dei documenti adottati sulla base degli stessi colloqui.
  5. RIFORME ECONOMICHE STRUTTURALI: per facilitare le riforme, si propone la creazione di una Commissione di economisti libici sulla, al fine di lanciare un meccanismo che garantisca la ripresa di tutti i settori dell’economia; si “incoraggia” la formazione di un meccanismo di ricostruzione per la Libia sotto gli auspici di “un nuovo , rappresentativo e unificato govenro, che eserciti la sua autorita’ su tutto il territorio libico”; si sottolinea che la National Oil Corporation (Noc) e’ “la sola indipendente e legittima compagnia petrolifera” e si chiede a “tutte le parti di astenersi da ogni ostilita’ contro le sue infrastrutture”, un punto importante alla luce della decisione del generale Khalifa Haftar in questi giorni di usare il petrolio come arma negoziale e di ricatto.
  6. RISPETTO DEI DIRITTI UMANI: la bozza del documento “sollecita tutte le parti in Libia a rispettare pienamente il diritto internazionale umanitario e i diritti umani, a proteggere i civili e le infrastrutture civili”. Il progetto, la cui bozza e’ in continua evoluzione e su cui si sta lavorando nei negoziati di preparazione alla Conferenza – invita anche a migliorare il lavoro della magistratura, “a mettere fine alla pratica delle detenzioni illegali”, a “chiudere gradualmente i centri di detenzioni per migranti e richiedenti asilo, allineando la base della legislazione libica in materia di immigrazione e asilo al diritto internazionale”.

RED

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