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BRODSKIJ E L’ITALIA A QUASI VENTI ANNI DALLA MORTE DEL POETA

Le “Poesie italiane” di Iosif Brodskij sono state pubblicate in Italia per la prima volta da Adelphi nel 1996. Il titolo della raccolta dice molto sul rapporto dell’autore russo con la nostra Iosif Aleksandrovič Brodskijpenisola, tanto che l’aletta del testo recita “In una delle sue vite precedenti Iosif Brodskij fu sicuramente italiano“, così forte fu il legame.

In coincidenza con la data di scomparsa del poeta, di cui il prossimo anno ricorrono i 20 anni (28 gennaio 1996, New York), è ancora di grande interesse ricordarne vita, opere, e amore per l’Italia. Considerato uno dei maggiori poeti russi del XX secolo, Brodskij nacque nell’allora Leningrado nel 1940, e della sua città di origine conserva per sempre ricordo ed influenze. Le sue prime poesie risalgono al 1956-1957. Molto presto iniziarono i problemi con la censura sovietica, e nel 1964 fu arrestato per “parassitismo sociale“. Notevole fu la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sovietica e mondiale al “caso Brodskij“, tra cui la voce di Jean Paul Sartre – interventi che permisero una restrizione della pena e il ritorno di Brodskij a Leningrado. Importante oggi citare che proprio all’evento del suo arresto e conseguente esilio è legata la nascita in URSS del Movimento in difesa dei diritti umani. Negli anni successivi Brodskij, che in patria poteva svolgere prevalentemente attività di traduttore, venne sempre più letto e apprezzato all’estero. Fuinvitato” a lasciare l’Unione Sovietica nel 1972, e, passando per l’Austria, si stabilì negli Stati Uniti, dove oltre che poesie, per le quali continuò ad utilizzare la lingua russa, pubblicò importanti saggi in inglese.

Il testo “Poesie italiane” raccoglie liriche che lo stesso autore selezionò per farne parte, che vanno da Torso, del 1972, a Dal Vero del 1995. In tutto 22 poesie, con testo a fronte russo,  che richiamano all’Italia, con riferimenti, tra gli altri, più o meno espliciti, a Roma e alle sue vie, a Ischia, Procida, Venezia e Firenze. Un vero atto di amore del poeta verso la nostra penisola. Dopo San Pietroburgo, Venezia era la città da lui più amata e proprio in Italia, a Roma, nel 1995, aveva in progetto di avviare un’Accademia russa, prima che la morte lo cogliesse all’improvviso.

Non a caso, all’indomani della sua scomparsa, avvenuta per arresto cardiaco, quando ormai il suo nome anche in Russia era stato riabilitato, ci si interrogò su quale fosse la sede migliore per la sua sepoltura, e vennero scelti non gli Stati Uniti, nè la stessa Russia, ma Venezia, con l’isolotto di San Michele, che lo accoglie dal 21 giugno 1997. A Venezia l’autore aveva dedicato molti versi, e, nel 1982, scriveva “seduto all’aperto, su una sedia bianca, d’inverno“…..con “l’ansia di fissare nel ricordo questo paesaggio, capace di fare a meno di me” (Strofe Veneziane – 2, Poesie italiane, Adelphi).

Noi, per fortuna, non siamo costretti a fare a meno di tanta arte, rimasta in omaggio a tutti coloro che possono ancora beneficiarne.

Barbara Cassani

 

 

 

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