Una bambina di sei anni, Hind Rajab, nel gennaio 2024 a Gaza è rimasta intrappolata in un’automobile dove viaggiava con dei parenti. L’auto colpita dalle forze israeliane lasciò casualmente sopravvivere solo lei. Contattata fortunosamente dalle forze palestinesi della Mezzaluna Rossa la piccola riuscì a tenere un legame telefonico. Quei colloqui furono registrati dai soccorritori e oggi il film, fatto con vera professionalità e cuore, dalla regista tunisina Kaouther Ben Hania si impernia sugli strazianti dialoghi tra loro: la voce della bambina è reale e invoca aiuto, cosciente del pericolo della morte, dando la dimensione della crudele “strage degli innocenti”.
Fin dal mattino alla Mostra del cinema di Venezia per questo film – molto affollato dalla stampa e con evidenza il più applaudito di tutti, non solo per l’aspetto politico, ma anche per la capacità della confezione stilistica – la sicurezza aveva aumentato i controlli dei giornalisti in entrata in sala, creando lunghissime file, per le quali alcuni hanno avuto accesso in ritardo o hanno dovuto rinunciare. Dopo la manifestazione pro Gaza, che ha inondato il Lido il 30 agosto, c’era molta paura tra gli organizzatori. Ma l’ambiente che frequenta queste manifestazioni è per antonomasia nonviolento e non è successo nulla.
Nell’emozionante conferenza stampa, la regista tunisina Kaouther ben Hania ha spiegato perché ha deciso di fare il film: “Le notizie si dimenticano, il cinema può costruire preziosi momenti di empatia, permette di vedere il mondo da un altro punto di vista, quello dei palestinesi e specificatamente degli eroi che cercano di salvare vite e si confrontano con ostacoli tremendi. Questo film è molto importante per me, quando ho sentito per la prima volta la voce di Hind Rajab, era la voce di Gaza che chiedeva aiuto. La rabbia e il senso di impotenza hanno dato origine al film”.
C’era qualcosa di elettrico nell’energia – ha poi proseguito la regista tunisina – che circondava questo progetto, così immediato, così vivo. Non avrei mai immaginato che sarebbe stato possibile completarlo dall’inizio alla fine in soli dodici mesi. Ecco come è iniziato tutto: ero nel bel mezzo della campagna per gli Oscar di Les filles d’Olfa e mi preparavo mentalmente a entrare finalmente in pre-produzione per un film che avevo passato dieci anni a scrivere. Poi, durante uno scalo all’aeroporto di Los Angeles, tutto è cambiato. Ho sentito una registrazione audio di Hind Rajab che implorava aiuto. A quel punto la sua voce si era già diffusa su Internet. Ho subito provato un misto di impotenza e di sconvolgente tristezza. Una reazione fisica, come se la terra mi fosse mancata sotto i piedi. Non potevo continuare come previsto. Ho contattato la Mezzaluna Rossa e ho chiesto loro l’audio completo. Dopo averlo ascoltato, ho capito che non c’erano più dubbi e che dovevo lasciar perdere qualunque altra cosa. Dovevo fare questo film. Ho parlato a lungo con la madre di Hind, con le persone reali che erano dall’altra parte di quella chiamata, quelle che hanno cercato di aiutarla. Ho ascoltato, ho pianto, ho scritto. Poi ho tessuto una storia attorno alle loro testimonianze, usando la vera registrazione audio della voce di Hind e costruendo un film ambientato in un’unica location, in cui la violenza rimane fuori campo. È stata una scelta deliberata. Perché le immagini violente sono ovunque sui nostri schermi, sulle nostre timeline, sui nostri telefoni. Volevo concentrarmi sull’invisibile: l’attesa, la paura, il suono insopportabile del silenzio quando l’aiuto non arriva.
A volte ciò che non vedi è più devastante di ciò che vedi. Al centro di questo film c’è qualcosa di molto semplice, e molto difficile da affrontare. Non posso accettare un mondo in cui un bambino chiede aiuto e nessuno arriva. Quel dolore, quel fallimento, appartengono a tutti noi. Questa storia non riguarda solo Gaza. Parla di un dolore universale. E credo che l’invenzione narrativa (soprattutto quando trae spunto da eventi verificati, dolorosi e reali) sia lo strumento più potente del cinema. Più potente del rumore delle ultime notizie o dell’indifferenza dello scrolling. Il cinema può preservare un ricordo. Il cinema può resistere all’amnesia.
Che la voce di Hind Rajab possa essere ascoltata.
RED
(foto: Alessandra Costantino per Russia News)

