Pubblicato il Settembre 7th, 2014 | Da admin
071 Международном венецианском фестивале: Андрей Кончаловский удостоен Серебряного льва
71° Festival Internazionale del Cinema di Venezia: Andrei Konchalovsky ha vinto il “Leone d’Argento” come miglior regista per il suo film “Le notti bianche del postino” con Alexei Tryapitsyna.
Nell’edizione 2014 della più importante Mostra Cinematografica Internazionale che si svolge in Italia, dove gli eslusi d’eccellenza sono Birdman e gli americani in generale che da questa edizione tornano a casa a bocca totalmente asciutta, il cinema russo ottiene un importantissimo riconoscimento attraverso uno dei suoi registi più significativi.
Il Leone d’Oro è andato invece, al regista svedese di Gothenburg Roy Andersson con il film “A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence”, definita in un primo momento una pellicola “tendenzialmente noiosa”, “A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence” è invece un’opera impegnativa senza dubbio, non fosse altro per le sue lunghe inquadrature fisse. In 101 minuti si conta un solo movimento di camera, appena percettibile e sul medesimo asse della mdp. Tecnicismi superflui, a fronte di una rappresentazione costantemente compatta, in cui anche il più piccolo dettaglio contribuisce alla resa. “Come in un dipinto, nulla è lì per caso, e Andersson dà modo di studiare l’architettura delle sue inquadrature, da cui riesce a trarre senso, significato. E ci riesce sempre, ogni singola scena. Ciò che lo rende ancora più irresistibile è però quell’ironia glaciale, incurante di etichette e quant’altro. Stimolante perché tocca i tasti giusti, punzecchiando in maniera talvolta pedante: tutto pur di smuovere, benché l’ultima delle aspirazioni sia quella di strappare una facile risata” (Antonio Maria Abate – cineblog).
Leone d’Oro: “A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence”
Leone d’Argento: Andrei Konchalovski per “The Postman’s White Nights”
Gran Premio della Giuria: “The Look of Silence”
Premio Speciale della Giuria: “Sivas”
Coppa Volpi maschile: Adam Driver per “Hungry Hearts”
Colpi Volpi femminile: Alba Rohrwacher per “Hungry Hearts”
Premio Osella: “Tales (Ghesseha)”
Premio Marcello Mastroianni: Romain Paul per “Le dernier coup de marteau”
Ma veniamo al film di Andrei Konchalovski. “Questo film è il mio tentativo di scoprire le possibilità alternative che si nascondono nell’immagine in movimento accompagnata dal suono. Il tentativo di vedere con gli occhi di un neonato il mondo che ci circonda”, così ha definito la sua opera il regista russo.
Ambientato nel Parco Nazionale della regione di Arcangelo nel nord della Russia, attorno al Lago Kenozero, dove in alcuni minuscoli villaggi di cinque, sei unità, si vive lontano da qualsiasi contatto col resto del mondo, “The Postman’s White Nights” è costruito da Konchalovski senza un’idea precisa ma partendo dalla convinzione che proprio in questo luogo si sarebbe trovata la storia giusta da raccontare, con la consapevolezza che certe storie non puoi inventarle ma devi viverle. Ed è proprio così, per caso, che la troupe del film ha incontrato Aleksey Tryapitsyn, un personaggio bizzarro, sdentato, taciturno e solitario, che si guadagna da vivere consegnando, ogni giorno, la posta nei paesini attorno al Lago Kenozero. A bordo della sua barchetta a motore, Aleksey recapita pacchi e lettere, ma si offre anche di consegnare il pane alle persone troppo anziane per muoversi ed è, in un certo senso, l’unico tramite tra la vita chiusa di paese e ciò che succede aldilà del grande lago. Per questo, Aleksey è l’unico a conoscere realmente i pochissimi abitanti della zona, l’unico a sedere alla loro tavola e bere con loro, l’unico considerato amico affidabile.
Ed è proprio la sua storia quella che ci racconta Konchalovsky costruendo attorno alla sua figura il suo ventitreesimo lungometraggio, mostrandoci i suoi giorni e le sue notti, il suo innamoramento per una donna del luogo e i teneri tentativi di educarne il nipote. La sua soddisfazione per i denti nuovi, la disperazione nello scoprire che gli è stato rubato il motore della barca e l’eterna indecisione tra lo spostarsi definitivamente in una città o se restare a vivere in questi luoghi sospesi in un tempo apparentemente immobile, in cui sorprendentemente, il vero anacronismo sembrano essere proprio quei razzi che volano nei cieli e sembrano usciti dalla fantascienza sognata negli anni ’50 del secolo scorso. Un’epoca in cui l’uomo guardava in alto alla ricerca del suo posto, quando invece, secondo Konchalovsky, “Solo la contemplazione, è quello stato d’animo che permette all’uomo di sentirsi tutt’uno con l’universo”. Un regista che, benché settantasettenne, dimostra ampiamente di non aver perso il suo sguardo da bambino e che con questo film concede agli spettatori il privilegio di vedere attraverso i suoi occhi. In molti, nonostante la brillantissima affermazione in questa importantissima manifestazione, lo hanno definito il vero vincitore morale del Leone d’Oro.
GV
Foto di Walter Dabalà per Russia News