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Roland Garros: sul Philippe Chatrier va in scena il primo acuto di Anastasia Potapova

Parigi – Le prime volte non si dimenticano mai, sono destinate a lasciare il segno, a restare impresse nella mente, ricordi indelebili che segnano vite, storie, carriere. Le urla di gioia, la commozione di questo 26 maggio 2019, saranno emozioni che Anastasia Potapova si porterà per sempre nel cuore. La prima vittoria al Roland Garros, lo slam parigino, da debuttante. Non è stata la prima vittoria in assoluto in un torneo dello slam. Quella era già avvenuta qualche mese fa, a Melbourne, quando era ancora diciassettenne. 15 gennaio, primo turno dell’Australian Open, un’ora e quarantatre minuti per avere la meglio sulla veterana francese Pauline Parmentier (6-4, 7-6). Ma lì, non c’erano i riflettori, niente luci della ribalta. Stavolta, invece, match di primo turno in programma sul leggendario Philippe Chatrier, il campo centrale di Parigi, uno di quei luoghi dove si scrive la storia del tennis. Il nuovo Chatrier, ristrutturato ed ammodernato, è stato così inaugurato dal match tra la numero 5 del tabellone Angelique Kerber (ex numero uno della classifica WTA, tre titoli slam in bacheca) e, per l’appunto, Anastasia Potapova, presentatasi esordiente nello slam parigino da numero 81 al mondo.

La giovane russa, nata a Saratov il 30 marzo 2001, è entrata in campo decisa, determinata a far sua la partita, a comandare lo scambio, per nulla intimorita né dal prestigio dell’avversaria né dalla responsabilità di giocare sullo Chartier. Anastasia ha iniziato a picchiar duro, come è solita fare, già dal primo game al servizio, tenuto agevolmente. Nel secondo gioco, un gran rovescio lungolinea le ha regalato la prima palla break, sprecata da un tentativo di drop shot, non perfettamente eseguito, che ha consentito alla tedesca di arrivare sulla pallina e portare il game ai vantaggi. Anastasia però non si è scomposta, ha ricominciato a pressare da fondo campo costringendo la Kerber a due errori di fila,  strappandole così la battuta. Match iniziato come meglio non si potrebbe ma l’impazienza, la giovanile frenesia, se non controllata, rischia di produrre anche conseguenze negative. La ricerca della potenza e della profondità ad ogni costo, unitamente alla volontà di chiudere il punto velocemente, portano Potapova a commettere qualche errore gratuito di troppo, regalando alla tedesca, senza sforzo, l’immediato contro break e, nel game successivo, l’aggancio sul due pari. A questo punto la giovane russa ha il merito di leggere la partita, di intuire che contro una delle migliori giocatrici in fase difensiva del circuito (se non la migliore), che sa perfetttamente appoggiarsi alla spinta dell’avversaria, serve la pazienza di saper giocare qualche colpo in più, reggere gli scambi lunghi aspettando il momento giusto per sfoderare il vincente senza forzare troppo, senza prendere rischi eccessivi, contenendo l’irruenza. Muovere l’avversaria, variare il gioco, magari anche con qualche palla corta, e perchè no insistendo sul gioco in contropiede, approfittando delle non perfette condizioni della Kerber.

La strategia funziona, Potapova si porta a condurre 5 giochi a 4 e la tedesca si ritrova a servire per restare nel set. Kerber si porta sul 40-0 ma la giovane russa infila sei punti consecutivi (il primo, una splendida palla corta – l’ultimo, un poderoso diagonale di rovescio) e si aggiudica il primo set 6 giochi a 4. Il secondo parziale è, di fatto, un lungo assolo della Potapova che s’invola sul 4 a 0 prima di avere un piccolo passaggio a vuoto, un momento di esitazione, che porta la tedesca sul 2 a 4 ad un solo break di distanza. Ma è solo un attimo, la giovane russa riprende la sua strada e chiude trionfalmente il match (6-4, 6-2) in un’ora e quattordici minuti.

Certo, si dirà che quella vista sullo Chatrier non era la migliore Kerber, che la terra rossa non è la sua superficie prediletta, che la tedesca non giocava un match dal 5 maggio in seguito ad un infortunio che, per sua stessa ammissione nella conferenza stampa pre match, aveva rischiato di mettere in dubbio la sua partecipazione allo slam parigino. Tutto vero, come evidenziato anche dalle due vistose fasciature alle caviglie della tedesca. Vero è anche, però, che Anastasia è entrata determinata fin da subito, ha mostrato carattere, non ha ceduto all’emozione, ha saputo mantenere alta la concentrazione nei momenti importanti non consentendo ad una giocatrice esperta come la Kerber di rientrare in partita. Segnali di crescita, da una ragazza da poco maggiorenne, formatasi nell’accademia di Alexander Ostrovsky (suo manager), che alla fine del 2016, neanche sedicenne, annunciava il ritiro dalla categoria juniores per esordire nel circuito professionistico. Un successo che segna anche il primo importante risultato da quando a seguirla nel suo angolo c’è, da pochi giorni, Iain Hughes (ex coach di giocatrici come Elina Svitolina e Belinda Bencic), che ha preso il posto della sua storica allenatrice, Irina Doronina.

Stefano Tardi

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