Premetto che non sono un’accanita animalista, ma dianzi a certi orrori non si può restare indifferenti e far finta che lo sfruttamento degli animali valga meno di quello degli uomini.
Come uno schiavo delle piantagioni di cotone nell’America del sud, come uno schiavo della plebe romana che il nobile patrizio alla fine ha affrancato dal suo stato di servo, dopo ben 50 anni di prigionia Raju, un elefante vissuto in India, viene liberato. Veniva esibito ai turisti, tanto di catene chiodate, come un trofeo.
Per tutto questo tempo è sopravvissuto in condizioni deplorevoli solo grazie alle magre offerte di cibo che arrivavano dai visitatori più o meno civili ( a volte gli lanciavano divertiti involucri di plastica in cui avevano mangiato loro).
Il calvario per lui è iniziato mezzo secolo fa, quando un uomo l’ha catturato nella foresta indiana e poi incatenato sfruttandolo con ogni mezzo, per mendicare monete dai curiosi. In catene, sanguinante a causa di un’«educazione» fatta di legnate, o peggio, di colpi assestati con uno speciale bastone armato di chiodi, Raju era costretto “lavorare” per il suo padrone mettendosi in mostra e cercando di fare qualche passo di danza su quel poderoso tronco che la natura ha lentamente costruito, nei millenni, per camminare lentamente o velocemente se necessario, ma di sicuro mai per ballare come vorrebbe la stupidità umana.
Fortunatamente, a distanza, Raju veniva monitorato da un’associazione zoofila inglese venuta a conoscenza dello scempio: l’elefante a breve non ce l’avrebbe più fatta a vivere per via di
Forse non tutti lo sanno ma gli elefanti, così come scimmie, orsi e cavalli, sono animali di straordinaria intelligenza e sensibilità. Per quanto il significato del pianto sia ancora controverso, molti etologi sono convinti che questi animali abbiano la capacità di piangere in modo del tutto simile a quello umano. Dinanzi a questo scenario, quindi, è naturale che la commozione non abbia risparmiato neanche i salvatori di Raju. Così come non sta risparmiando noi che ora veniamo a conoscenza di tutto questo.
Dopo il salvataggio, l’elefante è stato sedato e poi trasportato a poche ore di distanza presso l’Elephant Conservation and Care Centre di Mathura dove non potrà dimenticare la crudeltà dell’uomo, ma potrà conoscerne un’altra faccia, meno nota e visibile, che lo caratterizza: quella dell’affetto. E stavolta potrà farlo da animale libero.
Francesca Brienza