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Olio di oliva: l’oro giallo in Russia

L’olio d’oliva è un prodotto che per millenni è rimasto quasi esclusivamente legato al bacino mediterraneo, sia nella produzione che nel consumo.
Gli affreschi di Pompei, i vasi greci, gli oliveti attorno a Cartagine fino ai film del neorealismo italiano sul Sud Italia, l’iconografia antica e contemporanea riconduceva la diffusione del consumo dell’oro giallo attorno al mare che lambisce i tre continenti.

Solamente nella seconda metà del novecento, la presenza dell’olio d’oliva nella dieta mediterranea, a partire dal celebre “Seven Countries Study” del Prof. Keys, ha attirato l’attenzione dei nutrizionisti. Da quel momento anche la medicina han iniziato a considerare l’olio non solo come prodotto tipico di una regione, legato a gusti e culture risalenti all’epoca classica, ma anche un fattore positivo nella bilancio alimentare dei suoi consumatori.
Rimanendo un componente fondamentale della dieta di una fascia che attraversa la penisola iberica, l’Italia fino a lambire il Vicino Oriente, il consumo dell’olio di oliva si è affacciato a fasce di consumatori nei mercati non tradizionali, fino a salire nel Nord Europa all’esplosione inarrestabile del Nord America.

Le caratteristiche nutrizionali e la diffusione della cucina mediterranea oltre ai paesi storici e alle comunità di immigrazione dal Sud Europa hanno contribuito all’incremento globale dei consumi. Questa espansione del mercato ha dato fondamenta economiche allo sviluppo della coltivazione e commercializzazione dell’olio, in quasi tutti i paesi a clima temperato, dall’Australia al Cile, dal Sudafrica, alla California.
Anche gli storici produttori del Nord Africa e del Medio Oriente, Egitto, Giordania, Libano, Tunisia hanno recuperato le antiche tradizioni, contemporanee a quelle della sponda nord del Mediterraneo.

La nascita del mercato dell’olio d’oliva nei paesi dell’ex Unione Sovietica, è antecedente al crollo del muro di Berlino, con quantitativi molto limitati e destinati a una élite di consumatori che potevano avere accesso ai beni occidentali. Arrivava il Festival di Sanremo a Mosca e sulle note dei cantanti popolari italiani, il paese si apre a nuovi prodotti.
La tipologia di olio più utilizzata nella cucina russa è l’olio di girasole, di cui il paese è diventato uno dei principali produttori a livello mondiale, mentre nel caso dell’olio d’oliva dipende interamente dalle importazioni. L’olio d’oliva è percepito dal consumatore russo come un prodotto di fascia alta e l’ostacolo principale dell’acquirente, in particolare dell’olio italiano, è il prezzo, in media è otto volte più costoso di un litro di olio di girasole.

La crisi economica russa perdurata fino all’inizio degli anni 2000 ha prosciugato la domanda, che si è orientata esclusivamente sui prodotti nazionali e per ricreare una piccola nicchia di mercato si è dovuto attendere la ripresa economica, trascinata dall’incremento del prezzo del greggio. Dal 2001 le importazioni di olio d’oliva sono cresciute di dieci volte, raggiungendo le 35.000 tonnellate, con
due players a contendersi la quasi totalità del mercato: Spagna con il 56% e l’Italia con il 30% , un restante 10% proviene dalla Grecia e poi altri produttori minori completano il panorama.

Le nuove disponibilità monetarie di una borghesia professionale emergente hanno generato consistenti flussi turistici in ingresso nei paesi mediterranei, la cui cultura culinaria è diventata una consuetudine per una fascia sempre crescente di popolazione. Un fattore, di medio periodo dello sviluppo del mercato locale, tra il ceto benestante delle città, soprattutto le capitali Mosca e San Pietroburgo, è dovuto alla crescente competenza e attenzione di consumatori, che associano l’olio al paesaggio italiano e al processo produttivo tradizionale.

Il benessere ha però portato a un notevole incremento dei prezzi, che in pochi anni è schizzato verso l’alto. Per rispondere a questa tendenza i distributori hanno iniziato ad immettere sul mercato oli misti “europei”, che spesso presentano una concentrazione di olio di oliva molto bassa.
Pur rimanendo molto lontani dal costituire una vero e proprio segmento sociologico, anche nelle capitali del paese, sta emergendo una fascia di consumatori “foodies”, attenta sia alla componente del gusto che della salubrità dei prodotti, con buone disponibilità economiche. Questi acquirenti conoscono perfettamente i vantaggi di questo prodotto ed hanno a disposizione una grande quantità di marche e tipi presso le catene GDO locali di alta qualità.

Le varietà di extravergine sono, alla pari del vino di qualità, un segno distintivo per questa fascia di popolazione di ceto medio – alto, e le denominazioni DOP – IGP svolgono un ruolo di garanzia agli occhi del consumatore. Per i consumatori di olio certificato, fattori come il design, l’origine e la qualità prevalgono sul prezzo, dunque il prodotto italiano può vantare un notevole vantaggio competitivo.

L’oro giallo italiano di qualità si può comprare attraverso vari canali ma prevalentemente presso i negozi gourmet specializzati di prodotti europei, destinati a una nicchia molto ristretta di consumatori, ma con alta capacità di spesa oppure, per la classe media delle grandi metropoli, nella grande distribuzione organizzata.

Supermercati, ipermercati, centri commerciali, pur essendo un’acquisizione piuttosto recente nel panorama commerciale russo, presentano una scelta vastissima di prodotti di importazione. Le annate negative come il 2016 sono principalmente causate dalla scarsità della produzione in Italia più che da condizioni di mercato negative in Russia, dato che l’olio d’oliva gradualmente viene conosciuto e
utilizzato da fasce sempre più ampie della popolazione, penetrando nei centri minori, assieme ai gusti tipici del Mediterraneo.
A fronte di una ripresa economica della Federazione, con la stabilizzazione dei prezzi petroliferi e le prospettive per l’olio d’oliva italiano sono rosee per un mercato che va maturando e assomigliando a quelli occidentali.
Il presente articolo è tratto da un’analisi di mercato effettuato da GruppoBPC International durante le sue attività di monitoraggio dei trend di consumo.

GruppoBPC International

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