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Mamma Odessa.

Odessa – La splendida città sul mar Nero ricorda le vittime di strage del maggio 2014, dove sono bruciate vive 48 persone.Odessa  ricorda il 2 maggio - Le mamme delle vittime

Il primo maggio di quest’anno, festa di lavoratori nonché Pasqua ortodossa, Odessa sembra una città vuota. Un milione di abitanti, ma per le strade si vedono solo pochissimi passanti, e tanti, tantissimi militari, dalla semplice polizia ai corpi speciali. Dislocati dappertutto, nel centro, al porto, ma soprattutto in vicinanza di Kulikovo pole, il luogo diventato tragicamente famoso dopo il 2 maggio del 2014.  Due anni fa, qui, è bruciato il Palazzo dei Sindacati e con esso quasi 50 persone, che cercavano probabilmente di nascondersi dalla violenta aggressione dei nazionalisti ucraini“Era il mio unico figlio! E l’hanno riconosciuto solo grazie all’esame del Dna”, racconta una donna alla commemorazione del 2 maggio, piangendo, mentre quasi non si riesce ascoltarla, perché viene da piangere insieme a lei. Piangere per suo figlio, per le altre vittime, per le loro mamme, per Odessa, una città tra le più belle dell’ex URSS, la nobile città ucraina, con la sua anima viva e con suo umorismo spiccato, soppresso dagli eventi tragici più recenti.
Il due maggio è ancora un giorno festivo, ma la città si anima un pò. Anche se l’impressione rimane la stessa: in città ci sono più militari che abitanti. Ti fermano, controllano i documenti e gli zaini, ma sono corretti e gentili. Il sole splende, ma l’atmosfera è abbastanza tesa. A mezzogiorno fanno un meeting in centro i nazionalisti ucraini: sono poco più di una ventina di persone, e finiscono in pochi minuti. Invece, a Kulikovo pole, si raggruppa la gente che vuole deporre i fiori per le vittime, ed arriva a centinaia, migliaia. Ma la piazza del Palazzo dei Sindacati è chiusa, sorvegliata da moltissimi uomini armati. Quindi, la gente è costretta a fermarsi e portare i fiori al prato più vicino.  Dicono che il Palazzo sia chiuso per la sicurezza della gente, perché alla mattina è scattato un allarme bomba, poi rivelatosi infondato (ma gira voce che comunque abbiano trovato alcune granate). C’è solo un ingresso nella piazza del Palazzo del Sindacati, chiuso con un metal-detector e due linee di uomini armati. Per tutto il giorno, durante la commemorazione, si sussurra che forse l’ingresso verrà aperto: l’anno scorso sono stati installati una dozzina di metal-detector su tre ingressi, con uno solo passerebbe appena una piccola parte dei manifestanti. Ed infatti, l’ingresso rimarrà chiuso per tutto il giorno.
Il meeting va e viene spontaneamente. La coordinatrice del movimento, Viktoria Mochulka, è stata trattenuta tutto il giorno per interrogatori dalla SBU, l’Ufficio di Sicurezza Ucraino, dalle 8 del mattino fino al mattino del giorno dopo. Arrivano le mamme delle vittime, con i capelli bianchi dal dolore. Alcune non riescono a parlare, ascoltano soltanto in silenzio e pregano, altre parlano al microfono. “I nostri figli non volevano fare la rivoluzione, volevano solo parlare russo”, dice una di loro. Nella città natale di Anna Akhmatova quasi tutti parlano russo, probabilmente non più del 10 per cento parla ucraino. Odessa è un centro molto internazionale e multiculturale: ci vivevano amichevolmente 90 nazionalità diverse, come è potuto succedere un episodio simile?
Dopo due anni, la verità non è ancora chiara. Le indagini sono lente, al momento senza progressi. Persino Jan Tombiński, rappresentante dell’Unione Europea presso l’Ucraina, ha invitato Kiev il 2 maggio a intraprendere passi decisivi verso la definitiva identificazione dei colpevoli, attraverso un’indagine “trasparente ed indipendente”.  Le mamme naturalmente sperano nella giustizia, ma non ci credono poi più di tanto. L’autobus che le portava a Kulikovo pole il 2 maggio è stato bloccato da un gruppo di ultranazionalisti. Hanno fischiato, urlato insulti, qualcuno dice di aver sentito addirittura dire: “sono bruciati vostri figli, bruceremo anche voi!”. Ma le mamme di Odessa non rispondono agli insulti.
Sullo spazio previsto per la manifestazione, accerchiato da militari, cantano canzoni, leggono una poesia dedicata alle vittime degli strage. Si sente scandire in coro “il nazismo non passa”, “ricordiamo e non perdoniamo”.  Le loro armi sono le lacrime e le parole, che colpiscono il cuore. Di tanto in tanto le forze di polizia portano via senza troppo rumore qualche scalmanato, ma l’ordine nel complesso regge. A Kulikovo pole si dice che, nelle zone circostanti, ci siano gruppi di estremisti di destra pronti a picchiare i partecipanti di questa manifestazione pacifica, e quindi si consiglia di allontanarsi solo in gruppi di almeno 4-5 persone.
Molti pensavano che potesse esserci un grande scontro tra l’estrema destra e i manifestanti della veglia per le vittime, ma per fortuna ciò non si è realizzato, il peggio è stato evitato. A fine pomeriggio, si portano sulla piazza i pirozhki ed altro cibo per “ricordare” le vittime. Si cantano ancora canzoni, la gente si scambia i ricordi. Domani è un altro giorno, ancora festivo, ma riapre il Privoz, un grande mercato che dà da mangiare a mezza Odessa: in questi due anni i prezzi nei supermercati sono raddoppiati, mentre gli stipendi sono rimasti  stessi. Al mercato, invece, sono ancora relativamente bassi, e inoltre qui si può trattare. Si compra di tutto: dolci pasquali fatti a mano, pesce secco, storione fresco, fino alle larve delle tarme della cera; dicono che abbiano un effetto panaceico, che facciano guarire tutto.
Ma, purtroppo, nessuna cura farà resuscitare i 48 morti alla strage del 2 maggio 2014.

  Vittorio Vinceguerra  

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