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GERUSSIA: I RAPPORTI FRA LA RUSSIA E LA GERMANIA DAL MEDIOEVO AI GIORNI NOSTRI

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Napoli – A quasi due mesi dall’insediamento del presidente americano Donald Trump, la ripresa di proficue relazioni diplomatiche con la Russia, dopo anni che hanno rievocato lo spettro dellalocandina Gerussia presentazione Napoli “guerra fredda”, è probabilmente la più importante sfida da vincere per le cancellerie occidentali in un momento in cui, gli scenari geopolitici sembrano essere destinati a mutare. L’adozione delle assurde e deleterie sanzioni economiche contro il gigante eurasiatico rappresenta uno dei punti più bassi raggiunti nello stato delle secolari relazioni (soprattutto culturali) che legano il nostro paese con la patria di Tolstoj.

Dei rapporti fra la Russia e l’Europa (ed in particolare con la Germania), se n’è parlato nel corso di un incontro tenutosi oggi pomeriggio nel capoluogo partenopeo presso l’Istituto di Cultura Meridionale, cui hanno preso parte fra gli altri il collega Salvatore Santangelo, autore del libro “GeRussia” ed Ottavio Lucarelli, Presidente dell’Ordine Dei Giornalisti della  Campania.

“Con il termine “GeRussia – ha introdotto l’avvocato Gennaro Famiglietti, presidente dell’Istituto di Cultura Meridionale, nonché segretario della Federazione dei Consoliconiato dalla Duma, si intende l’insieme delle relazioni che accomunano Germania e Russia, ovvero le due più grandi potenze europee. In un contesto pacifico, anche l’Italia – e l’Europa in generale – deve recitare un ruolo di primo piano, trovando la giusta intermediazione fra lo spirito tedesco e quello russo. Il nostro paese ha dimostrato di avere la possibilità di farlo, con le sue indiscusse doti di accoglienza e tolleranza”.

Che vi possa essere un fil rouge che lega il Mezzogiorno d’Italia sia con la crisi ucraina che con il dramma siriano del resto è evidente, considerando tanto i riflessi economici legati alla prima, quanto la ripresa dei flussi migratori diretta conseguenza di una guerra che ha presentato un conto salatissimo, dal punto di vista umanitario.

Il tema della realpolitik è stato invece toccato dal vicepresidente dell’ODG Campania, Mimmo Fusco, che ha evidenziato come “la Russia abbia avuto in questi ultimi anni una forte ripresa economica, riconquistando quel ruolo di primo piano nello scenario internazionale che l’è sempre stato riconosciuto”.

Un ruolo che a volte ha contrastato, mentre in altre invece è andato di pari passo, se pensiamo ai rapporti con la Germania che storicamente sono sempre stati contrassegnati da alti e bassi. Così come testimoniano ad esempio il riconoscimento da parte della Germania di Weimar dell’URSS (primo paese a farlo) con rapporti strategici che andarono avanti sino a quando i tedeschi non provarono la sorpresa con l’azzardata “operazione Barbarossa” che andò a rompere il patto Molotov-Von Ribbentrop. O, arrivando ai giorni nostri, la profonda divergenza esistente fra le due potenze continentali invece sulla “questione Ucraina”, in cui la cancelliera Angela Merkel non  intende opporsi alla cancellazione delle sanzioni economiche. In nome di un antistorico atteggiamento di russofobia nonostante le pressioni, in senso opposto, provenienti non solo dalle opposizioni ma anche dai grandi gruppi imprenditoriali tedeschi.

“Andando ad indagare le dinamiche storiche di Kiev o Novgorod attorno all’anno 1000 – ha osservato Alfonso Piscitelli, direttore del blog EuRus, nel corso della sua lunga ed articolata disamina – notiamo come esse siano straordinariamente simili e vicine ai nostri Comuni. La Russia, in quell’epoca, somigliava da un lato alle monarchie nordeuropee ma dall’altro aveva già un occhio rivolto ad est perché l’occupazione dei Mongoli l’allontanò dallo sviluppo che invece stava attraversando il resto del continente europeo. Per capire il senso dell’identità russa, bisogna però provare a comprendere il significato della ribellione russa contro l’invasione dell’esercito di Gengis Khan. Prima Stalin e poi Putin hanno riscoperto questa identità, rispolverando il culto della Madonna di Vladimir. È tipica della Russia questa continua oscillazione fra l’Europa e l’Asia, e se guardiamo il suo stemma ci accorgiamo di come entrambe le essenze siano presenti nel carattere di questo paese. Animo asiatico, considerando il senso della collettivizzazione. Animo invece europeo, se si pensa al contributo dato alla scienza come testimonia ad esempio la tavola degli elementi di Mendeleev. L’immagine che il russo ha dell’Italia è quella tipica del nostro Sud, con la pizza, il sole ed il mandolino. Putin, parlando dei giorni nostri, è immerso in una mentalità dove da un lato è profondamente conquistato ed attratto dalla cultura tedesca. Dall’altro, vuole salvaguardare l’identità russa tradizionale e questo spiega il legame con Solzyenicin pur provenendo entrambi da due mondi diametralmente opposti. Essendo il premier un ex ufficiale del KGB, mentre il grande scrittore un deportato dei gulag. Per quanto riguarda i storici rapporti fra tedeschi e russi, mi piace evidenziare come la zarina Katerina amava i coloni tedeschi così come testimonia la nascita della Repubblica dei tedeschi del Volga. Così come il fronte russo-tedesco che si formò per sconfiggere Napoleone e la sua idea giacobina, imposta dall’alto. La battaglia delle Nazioni che li vede accomunati, si riproporrà dopo il 1945 quando i russi diedero il proprio contributo nella nascita della Germania Est, con la conversione di tanti ex gerarchi nazisti alla causa del socialismo sovietico. L’Unione Europea ricorda un po’ questa struttura napoleonica e giacobina calata dall’alto, mentre intorno alla Russia si sta creando una grande aggregazione – a torto o a ragione –  di movimenti sovranisti ed identitari. Quando la Le Pen o Salvini strizzano l’occhio alla Russia, non cadiamo nell’errore di considerare Putin un simbolo della destra, perché dimostreremmo di non aver capito nulla della realtà russa. Il presidente russo ha preso i proventi degli oligarchi, ma nel contempo ha cercato di creare un sistema con cui attrarre i capitali dall’estero con una tassazione assai bassa. Insomma, ad un gesto tipicamente di sinistra ne ha mescolato un altro invece che fa felici i più convinti liberisti. Non è, per questo motivo, facile trovare per lui una collocazione politica ben precisa, salvo poi capire che Russia Unita è una grande coalizione di centro. Pur esercitando un’innegabile attrazione – parlando della Germania – tanto con la destra di Alternative fur Deutschland, quanto con la Linke della signora Wageknecht. Il collante che comunque ha sempre legato la Germania con la Russia – ha poi concluso – teniamolo bene a mente è il pragmatismo, riflettendo sul dato di fatto che mentre da un lato c’erano le sanzioni, dall’altro la signora Merkel ha continuato a fare affari, con il North Stream. Quanto siamo stati fessi noi italiani, a vederci sfuggire di mano quella grande occasione che è stato il South Stream!”

Un moderno “divide et impera”, insomma, attraverso cui la Germania da un lato ha sottratto la Libia e la Russia dalla disponibilità di relazioni economiche e diplomatiche proficue con l’Italia. Mentre dall’altro, ha proseguito nell’intrattenere rapporti con Mosca, secondo una logica bizantiniana ed opportunistica.

Il tema della memoria storica è stato poi esaminato da Salvatore Santangelo che, nel corso del suo intervento, ha sottolineato come essa sia un argomento particolarmente sentito dall’opinione pubblica sia tedesca che russa. “Si tratta di un aspetto – ha affermato – che ancora oggi è molto forte e discusso, e non solo nell’ex DDR. La capacità di fare i conti con la storia, è un qualcosa di traumatico tanto per i russi quanto per i tedeschi, essendo un elemento di grande contrapposizione che si è scatenato prima, durante e dopo l’ultimo conflitto mondiale. La Russia di Putin indubbiamente esercita delle suggestioni soprattutto fra i sovranisti, richiamando alla mente Suvorov. Sarebbe stato indubbiamente un grande successo per l’Europa, evitare Maidan. Dalla forza del rapporto fra Germania e Russia, dipendono le sorti della Polonia che si indebolisce, sino quasi a scomparire, se le due potenze sono forti. E quando da giornalisti svolgiamo il compito di informare, mi rendo conto che una delle nostre principali colpe è stata quella di non raccontare certe storie, perché le ritenevamo scomode. Prendiamo ad esempio la discussione sui lager o sui gulag, in cui non possiamo sterilmente ridurre il tutto, a ciò che è nato prima o dopo. Oggi, come operatori dell’informazione, dovremmo piuttosto preoccuparci di come considerare il giudizio su Norimberga quando nei Tribunali c’erano gli stessi personaggi presenti a Katyn, quando i plotoni d’esecuzione russi giustiziarono 18.000 polacchi. E’ pur vero che allora si sapeva poco o nulla, ma la formula adottata in quella sede fu di arrestare un’intera classe dirigente di un paese perché aveva complottato contro la pace, portando tutto il mondo alla guerra. La stessa cosa è avvenuta più o meno, recentemente, con l’Iraq contro cui Bush parlò di “pistola fumante”. Salvo poi scoprire che in realtà era una colossale bugia, con cui è stata ingannata l’opinione pubblica mondiale. Nessuno pagherà per questo incredibile inganno, così come oggi gli USA parlano degli hacker russi, quando in realtà è emerso in questi giorni che la CIA indaga sulle nostre vite! Le famigerate mail che riguardavano la Libia, avevano quale scopo solo quello di mettere le mani sul suo petrolio. Dopo la caduta di Gheddafi, l’Italia oggi è appesa nelle proprie forniture petrolifere, ai voleri di un signore di 82 anni perché in Libia ormai non contiamo più nulla. Inoltre non abbiamo più il South Stream, e quando con l’Azerbaijan proviamo a portare il gas con il TP, passando per il Salento, ecco che i fautori della movida si oppongono! Se poi vogliamo abbracciare le tesi di chi parla di decrescita felice, possiamo anche accomodarci….Una classe dirigente vera, deve preoccuparsi del benessere del proprio popolo. Quest’anno ricorre il centesimo anniversario della prima guerra mondiale e dovremmo ricordarci, da europei, del numero di morti che un secolo fa quotidianamente insanguinavano fiumi come il Piave, le città di  Saar e Odessa.  A questo enorme tributo in termini di vite umane, nella seconda guerra mondiale, si aggiunsero anche le bombe che falcidiarono intere città. Dopo ciò, l’Europa ci ha regalato 70 anni di pace e ci siamo dimenticati dell’insegnamento dei suoi padri fondatori come Adenauer, Spinelli o De Gasperi. Dobbiamo evitare che la guerra torni ad essere il mezzo con cui risolvere le controversie. La fine del comunismo ha portato delle situazioni a dir poco paradossali, in cui qualcuno ha pensato bene di rispolverare delle antiche ed inquietanti suggestioni, se pensiamo che in Lettonia il 20% della popolazione russa vive in una condizione di apartheid, o che magari in Ucraina sono stati appoggiati i neonazisti che hanno rispolverato le svastiche. Più che all’Europa – ha quindi terminato –, occorrerebbe chiedere conto di tutto questo agli eurocrati. In merito a ciò che sta accadendo negli USA, è ancora troppo presto per capire cosa intenderà fare Trump perché non sappiamo se riuscirà o meno a portare a termine la sua presidenza. O se piuttosto il vecchio establishment non possa invece travolgerlo, in tempi brevi”.

Ma la Germania, con il proprio comportamento, non ha però tolto la Russia anche all’Italia? Ad una precisa domanda del nostro direttore Gianfranco Vestuto, i relatori del dibattito hanno provato a dare una risposta. Santangelo ha sottolineato da un lato, l’importanza della costruzione della TAV in Val di Susa nel completamento della “Via della Seta” che dovrebbe essere il nodo infrastrutturale e logistico che in futuro dovrebbe collegare il Vecchio Continente con l’Asia. Dall’altro, ha tratto un parallelismo fra la caduta della Repubblica di Weimar con la fine dell’URSS, con milioni di russi che restarono fuori e con grandi conglomerati economici che sono emersi e che hanno proliferato, sino a quando Putin non ha deciso di colpire gli oligarchi. Altro aspetto su cui l’autore di “GeRussia” è tornato, è stata l’assoluta miopia dell’Europa che da un lato ha provato a strangolare la Russia, mentre dall’altro ha fatto schizzare il prezzo del petrolio a 110 $ al barile come nella seconda guerra del Golfo, permettendo al gigante eurasiatico di risanare velocemente il proprio debito accumulato con il Fondo Monetario Internazionale.

Francesco Montanino

 

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